Quando la destra cavalca le notizie di stupri, per generare leggi inefficaci e giustizialiste, usa spesso slogan che vengono poi ripetuti da chiunque applichi sui social l’attenzione minima di un bot generator. Scrivono che per gli stupratori sarebbe utile la castrazione chimica, come se il problema risiedesse nel pene e non nell’uomo che esercita potere sulla donna stuprandola.

Il punto è, per dirla con Jennifer Guerra e il suo ottimo libro Il corpo elettrico, che non è il pene a stuprare ma l’uomo. Il trattamento è reversibile e dovrebbe agire continuativamente sulla libido dell’uomo, ma lo stupro non ha nulla a che fare con gli “atti di libidine violenta” descritti nella legge “contro la morale” poi fortunatamente abrogata e sostituita nel 1996 da una legge che parla di violenza sessuale “contro la persona”.

Parlare di castrazione chimica ci riporta esattamente all’epoca precedente al 1996, ovvero all’applicazione di una legge che arrivava dai tempi del fascismo e trattava lo stupro come un problema di morale pubblica, la cui soluzione andava assegnata di volta in volta a padri, mariti, tutori, giudici, intenti a indagare sui centimetri di penetrazione avvenuta per determinare l’avvenuto atto di libidine o derubricarlo a semplice “atto osceno”.

Nei processi dell’epoca e nella discussione parlamentare che precedette la modifica della legge, fior di patriarchi stabilivano confini tra penetrazione con coito o senza, atto osceno o semplice tentativo di “abbordaggio” e tutto ciò rappresentava la possibilità di diminuzione o aumento delle pene previste. Provate oggi a dire ad una donna stuprata che la violenza subìta non è tale perché lo sfortunato stupratore non ha eiaculato. Risponderebbe, a ragione, “cazzi suoi!”, dopodiché sprigionerebbe rabbia per il solo fatto di aver udito una simile affermazione.

Lo stupro è un atto di potere esercitato dall’uomo contro la donna. E’ la negazione del diritto delle donne all’autodeterminazione, ad esprimere consenso o dissenso. E’ femminicidio, perché si traduce nell’annientamento del corpo di una donna e nella cancellazione della sua volontà. Una donna stuprata non è tale perché, come santa Maria Goretti, vuole preservare fino alla morte la sua verginità. Lo stupro non è tema sul quale i maschilisti di destra possono fare mansplaining. Non sono loro che possono dirci quando e come ci siamo sentite abusate. Non sono loro a dover decidere su cosa sia stupro e cosa non lo è. Lo stabiliamo noi, perché riguarda la nostra percezione, il nostro disagio, la nostra sopravvivenza. Perciò è essenziale che gli uomini imparino a rispettare il consenso, senza usarlo come argomento difensivo – vostro onore, consensuale fu! – quando è evidente che non ne colgono il significato o l’importanza.

Da uomini di destra che vorrebbero le donne pronte a figliare per la patria, che pensano che il corpo delle donne appartenga allo Stato e non alle donne stesse, non mi aspetto certo che si lascino svegliare da rivendicazioni di tale portata. Il loro sonnambulismo opaco su quel che concerne i diritti delle donne, salvo fare pink washing sui governi per dire che ora abbiamo la parità, è l’effettiva dimostrazione di quanto siano scarsi l’empatia e l’ascolto che esercitano nel considerare le nostre parole.

Quel che a loro interessa è che le donne non ottengano spazio pubblico, che siano vittime perfette da usare per imporre un continuo e martellante marketing istituzionale che si traduce in ulteriore violenza nei nostri confronti. Quel che a loro importa è che le donne appaiano in pubblico da martiri e buone madri, quando sono vittime di femminicidio, o solo come oggetti sessualmente graditi per solleticare la loro fantasia.

Il corpo delle donne è territorio di guerra, la praticano da sempre gli uomini che vogliono ridurci al silenzio, che vogliono annientare la nostra sete di indipendenza, la nostra volontà di emancipazione. Lo stupro non è risolvibile con le soluzioni proto-fasciste perché la stessa cultura veicolata dalle destre è sessista. La cultura dello stupro riguarda i commenti d’odio mirati a donne che raggiungono visibilità e non legittimano il patriarcato. L’augurio di essere stuprata è stato più volte dedicato a donne impegnate in politica, ragazze attiviste, volontarie in paesi stranieri (vittime di rapimento!). Lo stesso augurio è dedicato a chi scrive di antirazzismo (“ti auguro di essere stuprata da un ne*ro!“). Io stessa ne ho ricevuti una discreta quantità.

Lo stupro punitivo, commesso da fascisti, è stato usato per punire Franca Rame. Lo stupro “rieducativo” è stato usato contro donne lesbiche, per riportarle sulla retta via. Lo stupro è un’arma di guerra di chi occupa un paese e vuole cancellare con il proprio seme un’intera etnia. Lo stupro è usato come arma contro gay per punirli e intimidirne l’orientamento sessuale. E’ usato come strumento transfobico contro donne trans. E’ usato contro donne che per la mentalità sessista mostrano “eccessiva” indipendenza. Ancora oggi il discorso pubbblico si concentra sulla vittima e non sul carnefice. Come si veste, se beve, se esce sola di notte, se è “promiscua” perché vive liberamente la propria sessualità ma ha detto no allo stupratore. Come osa, lei, dire no se nella mente dello stupratore, ed evidentemente anche di chi dice di voler legiferare contro di lui, è solo un oggetto mai in grado di poter rivendicare soluzioni per sé?

Ripeto: non è il pene a stuprare ma l’uomo. Abbattendo la sua libido non si abbatterà certo il suo desiderio di dominio, di potere, che eserciterà sulle donne. Soprattutto: lo stupro non è tale solo se c’è una penetrazione. Se non siete in grado di comprendere questo dovreste fermarvi e ascoltare i racconti delle vittime di stupro. Anzi no, non è necessario che ci concediate spazio. Ce lo prenderemo. Perché ne abbiamo il diritto. Perciò scordatevi di usare strumenti repressivi in nostro nome. Non in mio nome!

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