Ormai due settimane fa, Khaled El Qaisi – un nostro concittadino italo-palestinese, ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma – è stato arrestato dalle autorità israeliane al valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania, in circostanze assolutamente non chiare. Il giovane, dopo una vacanza a Betlemme, è stato fermato al controllo bagagli dalle forze israeliane e tratto in arresto, sotto gli occhi della moglie e del figlio di 4 anni, comprensibilmente sconvolti, senza che venisse fornita loro alcuna spiegazione.

Nel corso delle tre udienze preliminari svoltesi il 1°, il 7 e il 14 settembre, il giudice ha convalidato almeno fino al 21 settembre la detenzione di El Qaisi che nel frattempo è stato trasferito dall’istituto penitenziario di Petah Tikvah a quello della città di Ashkelon. Dal 31 agosto, giorno del suo arresto, a Khaled è stato vietato di incontrare e interloquire con il proprio avvocato e la Corte Suprema israeliana ha respinto il ricorso presentato da quest’ultimo.

La sospensione del diritto alla difesa è inaccettabile e costituisce una violazione potenzialmente riconducibile a un crimine internazionale. Continuano a non essere chiari né i motivi per cui El Qaisi sia stato trasferito in Israele visto che l’arresto è avvenuto in territorio occupato e dunque sotto altra giurisdizione né quali norme della legislazione israeliana sulla sicurezza siano state applicate e giustifichino una detenzione amministrativa.

Assieme agli altri membri dell’intergruppo parlamentare per la Pace tra Israele e la Palestina, di cui sono coordinatrice, ci siamo appellati al ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, attraverso più interrogazioni parlamentari e all’ambasciatore d’Israele in Italia, Alon Bar, e all’ambasciatore d’Italia in Israele, Sergio Barbanti, affinché siano rapidamente accertate le ragioni della custodia di Khaled El Qaisi e sia garantito il pieno rispetto dei suoi diritti all’equo processo e di difesa.

È bene sottolineare, inoltre, che la detenzione di Khaled El Qaisi non è affatto un caso isolato.

Come emerge dall’ultimo rapporto della Relatrice Speciale Onu, Francesca Albanese: nel solo anno 2022, circa 7.000 palestinesi, tra cui centinaia di bambini, sono stati arrestati e attualmente ci sono circa 5000 detenuti, di cui 1200 senza accusa né processo. La privazione della libertà è un elemento centrale dell’occupazione di Israele che fa un uso ampio, sistematico e quotidiano di arresti arbitrari, processi iniqui e torture.

Almeno questa volta, però, le autorità italiane non possono voltarsi dall’altra parte: hanno il dovere di far sentire la propria voce perché Khaled è un nostro concittadino e si deve fare tutto il possibile per ottenere l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia.

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