Si parla molto di intelligenza artificiale ultimamente, ma c’è un altro aspetto della nostra società che a mio avviso è molto più pericoloso: il moralismo artificiale. Filosoficamente è necessario subito chiarire che non ci potrà mai essere una ragione artificiale, bisogna quindi distinguere tra intelligenza e ragione. La ragione umana non potrà mai essere replicata da un supporto artificiale; per ragione intendo la coscienza umana raziocinante che si interroga sul mistero dell’essere, una modalità di pensiero che appartiene solo all’uomo e non al computer.

Allo stesso modo è necessario distinguere tra morale e moralismo. La morale riguarda il comportamento umano e l’interpretazione dei concetti di bene e male che variano col mutare dei tempi, mentre il moralismo è una degenerazione farsesca della morale che tende alla castrazione del pensiero e del comportamento umano, creando una sorta di territorio psichico sterilizzato e sterilizzante.

Questa introduzione generale ora lascia spazio al mio vissuto di artista presente sui social. Recentemente Facebook ha applicato delle restrizioni alla mia pagina per questo pensiero sul suicidio di natura apertamente ironica: chi si uccide dovrebbe morire sempre col pollice alzato, il suicidio è un “autostop”. La natura ironica del pensiero non è stata colta dall’algoritmo. Pagina oscurata. Motivazione: Facebook deve essere un luogo sereno (leggi sterilizzato), non devono essere presenti pensieri perturbativi, e mi hanno anche consigliato un supporto psicologico! Una nuova forma di “nazismo algoritmico” tende a considerare “degenerato” tutto ciò che è vero e profondamente umano.

Il più grande nemico del moralismo è l’ironia e di conseguenza l’ironia viene soffocata, recisa, messa fuori gioco. Puoi pubblicare la foto della pizza che hai mangiato il giorno prima, questo ti è concesso liberamente. Anche all’algoritmo piace la pizza.

Ho un canale YouTube dove carico i miei film, non posso filmare artisticamente il seno di una donna o rischio il blocco del mio canale. Il primo seno della storia del cinema risale al 1942, La cena delle beffe di Blasetti: il seno era quello di Clara Calamai, denudato da un ghignante e crudele Amedeo Nazzari. Nel 2023 “i seni artistici” sono banditi da YouTube, a meno che non si tratti di immagini famose ormai codificate dalla cultura e accettate dal passare del tempo, infatti la scena del seno della Calamai la potete vedere su YouTube, ma non potete vedere i seni che Ricky Farina incontra nella sua vita di tutti i giorni. E ovviamente non potete vedere nemmeno “le origini del mondo” che incontro, semplicemente perché non mi chiamo Gustave Courbet. E questo forse forse si può ancora capire: perché chi distingue ciò che è arte da ciò che è solo volgare? E poi bisogna proteggere in una certa misura uno sguardo che non si è ancora formato, che non è ancora consapevole.

A tale scopo esistono comunque delle restrizioni su YouTube, dove certe immagini sono fruibili solo dagli adulti. Purtroppo però sono proprio gli adulti i nemici di ogni vera espressione artistica, l’arte è sempre “fanciullesca”. Su TikTok oscurarono un mio video dove riprendevo il fondoschiena del David di Michelangelo, considerato osceno dal nazi-algoritmo che evidentemente ignora il Rinascimento, mentre il fondoschiena delle ninfette che pullulano su TikTok viene meravigliosamente accolto dall’algoritmo.

All’algoritmo piacciono le ninfette e le pizze. Questo algoritmo inizia a starmi quasi simpatico, paradossalmente. Il punto cruciale però è la libertà di espressione, attualmente un artista non è più libero, se non nel tinello di casa propria. C’è una cappa psichica, una castrazione spirituale in atto che ci vuole tutti belli, bravi, sereni e idioti. Il perturbante non ha più cittadinanza, l’ironia anche, tutto deve filare liscio e senza intoppi per riprodurre all’infinito un meccanismo antiumano, insapore e tendenzialmente vacuo. C’è un’ospedalizzazione della creatività. La malattia dell’ironia deve essere estirpata. Di questo ho un riscontro costante anche con i miei post sul Fatto Quotidiano che spesso dai lettori vengono “letti” senza ironia, non c’è più la capacità di leggere tra le righe, di cogliere un senso ulteriore e nascosto. Tutto deve essere banale e politicamente corretto, come il caffè con la sambuca.

Un altro grande problema è che anche gli artisti sono costretti in un certo senso a introiettare queste norme moralistiche vigenti. Io stesso sento di avere il freno a mano tirato, se voglio che la mia esistenza social non venga oscurata dal nazi-algoritmo. Oggi non sarebbe più concepibile una canzone come Piccina di Leo Ferré, dove il poeta metteva in note e parole una sua passione per una giovane fanciulla “col codice penale tra le gambe”. Leo Ferré probabilmente verrebbe arrestato, come verrebbero arrestati Marco Risi e Jerry Calà per il film Colpo di fulmine, un film del 1985 dove un trentenne si innamora di una bambina. Siamo costretti a rimpiangere anche gli anni Ottanta, gli anni del riflusso! Ecco come siamo messi.

Per non parlare delle poesie “pedofile” di Sandro Penna, ma che dico Sandro Penna, nemmeno i film di Pierino o le trasmissioni di Umberto Smaila sarebbero concepibili. Questo lo chiamate progresso? Io no. Mi sorprende che venga ancora studiato Freud e il suo bambino perverso-polimorfo, non credo che il nazi-algoritmo sia in grado di capire cosa intendesse Freud con la parola “perversione” legata all’infanzia. Un poeta o un artista non può più essere libero di esprimere il fondo oscuro dell’animo umano e le sue contraddizioni, pena la damnatio memoriae. Il moralismo del nazi-algortimo regna sovrano e vuole un’umanità limpida, senza microbi, senza recessi, uno specchio vuoto in cui possa perpetuarsi la mercificazione sterilizzante dello spirito umano, messo appunto “sotto spirito” come una ciliegina qualsiasi. I nuovi talebani siamo noi. E non c’è più libertà, ma il suo fantasma.

Adesso un artista deve essere “asocial”, lontano da tutti, dimenticato, ignorato, non visibile. La verità e l’ironia non sono più il nostro pane quotidiano (stavo per scrivere “pene”). La castrazione a tutti i livelli agisce tra di noi. Farina deve diventare Farinelli, un cantante lirico castrato. Ethel perdonami, non sono così coraggioso da affrontare l’esclusione e l’esilio digitale, sai dirmi dove sono finite quelle bellissime forbici che mi aveva regalato il mio amico Stefano? Non le trovo più. Dannazione! Zac, un taglio netto e via! Così si risolvono tutti i problemi, così il nazi-algoritmo mi accoglierà tra le sue schiere di bravi ometti che non devono disturbare il guidatore… verso il nazi-baratro.

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