Il 60% delle donne e tra il 5% e il 10% degli uomini le usa: le tinture per capelli rappresentano un’abitudine irrinunciabile, sempre più in voga anche fra gli adolescenti. Da quando l’ammoniaca, impiegata da decenni per aprire le cuticole in modo da far penetrare più agevolmente i coloranti e non per schiarire i capelli come erroneamente si pensa, tende sempre di più al disuso per la sua comprovata irritabilità, sono arrivate le cosiddette “tinture senza ammoniaca”. Si sono accaparrate il 70-80% della piazza europea come rende noto il Comitato Scientifico per la Sicurezza del Consumatori.

Attenzione, non tutte sono sicure. Alcuni degli ingredienti sostitutivi dell’ammoniaca sono talvolta anche peggio di quest’ultima.

Tra le più impiegate, c’è la Parafenilendiammina (PPD), un ingrediente tipico delle tinture permanenti per creare colori intensi e duraturi. Si tratta di un elemento classificato dall’ECHA come sensibilizzante per l’uomo e tossico per la vita acquatica. Può essere la causa scatenante di dermatiti da contatto e forti irritazioni del cuoio capelluto. Le reazioni riscontrate possono oscillare da arrossamenti e pruriti diffusi nella zona del cuoio capelluto, fino a eczemi, desquamazioni, lesioni della pelle, che talvolta si estendono anche sul viso, collo e decolté.

Insomma, senza saperlo, si fa una tinta per sentirsi a proprio agio e ci si può ritrovare con dolorose, antiestetiche e malevolmente colorate infiammazioni.

La concentrazione di parafenilendiammina per questo non deve superare il 2%, come da norma di legge. Le tinture che la contengono non andrebbero poi destinate ad applicazione su ragazze e ragazzi sotto ai 16 anni e mai se il cuoio capelluto è sensibile, irritato o presenta delle escoriazioni e tagli.

Nelle etichette delle tinte capelli si trova al posto dell’ammoniaca anche il Resorcinolo (o Resorcina), inserito nei prodotti per prolungare il colore sui capelli; è un altro agente sensibilizzante secondo una relazione pubblicata del Comitato Scientifico per la Sicurezza del Consumatore della Commissione europea, e classificato dall’ECHA come sostanza che provoca danni agli organi, agli occhi, nociva per la vita acquatica con effetti di lunga durata e che può causare reazioni allergiche cutanee.

Attenti quindi all’effetto accumulo. Troppe tinte in un anno possono aumentare i rischi di effetti collaterali; meglio quindi scegliere prodotti con indicazioni chiare e con diciture in etichetta che segnalano che il prodotto è “senza ammoniaca, senza resorcina e senza parafenilendiammina”.

Si parla poco poi delle conseguenze di questo genere di sostanze sui professionisti del settore: hair-stylist e parrucchieri, dovrebbero sempre usare dei guanti di protezione molto spessi e integri in modo da evitare di assorbire ingenti quantità di allergeni ed elementi tossici attraverso l’epidermide delle mani. Una buona pratica che però non sempre viene seguita in tutti i centri.

A questo si aggiunge che l’età della prima tinta è sempre più anticipata, sotto quella della maggiore età, intorno ai 16 anni. E allora tingere i capelli rischiando effetti collaterali o non tingerli? In questo dilemma c’è la terza via, quella naturale, che trae ispirazione in chiave moderna dalle pratiche più antiche e rispettose per la salute umana e l’ambiente. È infatti oggi sempre più facile trovare, soprattutto nei negozi biologici e nelle erboristerie, dei prodotti efficaci realizzati con erbe tintorie e coloranti vegetali.

Non solo col rosso hennè, ma ci si può tingere a casa o dal parrucchiere con prodotti a base di erbe con effetto colorante come il mallo noce, l’indingo, la cassia, il nagar motha, la lawsonia, o la robbia, per sfoggiare capelli sani, luminosi, con la colorazione che più ci aggrada, senza sorprese finali.

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