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Venere degli stracci, raccolte 5mila firme per liberare il clochard accusato di averla bruciata. “Carcere non serve, deve essere curato”

Venere degli stracci, raccolte 5mila firme per liberare il clochard accusato di averla bruciata. “Carcere non serve, deve essere curato”
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All’indomani dei due suicidi avvenuti nel carcere alle Vallette di Torino, che hanno riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il problema del sovraffollamento delle carceri italiane e della gestione dei malati psichiatrici, da Napoli arriva un appello: niente carcere per Simone Isaia, il clochard accusato di aver incendiato lo scorso 12 luglio la Venere degli stracci sistemata in piazza Municipio a Napoli. Diverse associazioni chiedono alle istituzioni che per il 32enne vengano predisposte delle cure, ma non la pena detentiva.

Alcune organizzazioni e il mondo della Chiesa si sono ritrovati davanti a ciò che resta dell’opera contemporanea, realizzata dal maestro Michelangelo Pistoletto, per ribadire la necessità che Isaia lasci il carcere di Poggioreale, dove divide la cella con altre sette persone, e venga affidato a strutture adeguate a curare il suo disagio mentale. A supportare la richiesta anche una petizione che ha raggiunto oltre 5mila firme e 450 commenti.

A promuovere la manifestazione di oggi sono state Iod edizioni, Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli, associazione Liberi di volare, Chiesa evangelica libera di Casalnuovo, United Colors of Naples, Tribunale 138. Hanno aderito Garante dei detenuti del comune di Napoli e il Garante dei detenuti della Campania. Diversi i cartelli esposti tra cui: “Umanizzare le carceri”, “Si esce dal carcere ma non dalla condanna”, “Liberiamo la speranza”. “In carcere le condizioni di Simone peggiorano – ha riferito don Franco Esposito, della Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli -. Simone è l’esempio di come il carcere abbia fallito la sua missione di rieducazione e reinserimento. Il carcere è diventato una discarica sociale, è il ricettacolo di tutto quello che la società produce e al suo interno si vive una situazione davvero drammatica soprattutto ultimamente”.

Nelle scorse settimane, sia la Chiesa di Napoli che quella di Salerno hanno offerto la propria disponibilità ad accogliere il giovane clochard in proprie case di accoglienza, dove il 32enne potrebbe trovare un aiuto e cure per il proprio disagio mentale e sociale. “Quanto accaduto è grave – ha aggiunto Pasquale Testa, di Iod Edizioni – ma non possiamo dimenticare la persona che c’è dietro al dramma, la sua condizione di vita, di povertà, di disagio mentale”. “Il carcere contiene il 75% di persone non legate alla criminalità come viene concepita dall’opinione pubblica. La stragrande maggioranza di queste persone (e Simone Isaia è una di queste) patiscono la pena perché vittime a loro volta di un degrado sociale. Il carcere così come è concepito non può essere la soluzione. Anzi, la acuisce!”, ha sottolineato don Enzo Miranda, responsabile della Pastorale carceraria della Diocesi di Nola.

Secondo i numeri forniti, a Napoli ci sono ben 2mila persone, soprattutto giovani, che vivono per strada, senza dimora, senza avere da mangiare, senza i bisogni primari. L’incendio che ha bruciato del tutto l’opera di Pistoletto divampò nelle prime ore del mattino del 12 luglio e nelle ore successive, dalla revisione delle telecamere presenti nella zona, le forze dell’ordine individuarono Simone Isaia come l’autore dell’incendio. Nei giorni scorsi il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza presentata per far uscire il 32enne dal carcere. Per quanto riguarda l’opera, il maestro Pistoletto dovrebbe realizzarne un’altra che, dopo un periodo di permanenza in piazza Municipio, dovrebbe trovare una sede alternativa permanente, come annunciato nel corso di un Consiglio comunale, dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. Per contribuire alla realizzazione, L’Altra Napoli onlus ha avviato una raccolta fondi.

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