Fratelli d’Italia per bocca del viceministro con delega al fisco Maurizio Leo chiude la porta alle “ventilate” – dal vicepremier leghista Matteo Salvini – “ipotesi di condono generalizzato”. Ma smentisce pure il leader di Iv Matteo Renzi che nel tentativo di ingraziarsi l’elettorato di Forza Italia ha lamentato (in plateale antitesi rispetto alla posizione di Luigi Marattin) l’introduzione della delega fiscale di un “prelievo forzoso dai conti correnti“. Durante la seduta di giovedì della commissione Finanze della Camera, in cui sono ora attesi gli emendamenti agli articoli su accertamento, riscossione e sanzioni, Leo stando al resoconto parlamentare ha “sgombrato il campo con nettezza” dall’accusa che la maggioranza di centrodestra abbia varato la presunta novità ai danni dei contribuenti. La novità in effetti non esiste, perché il “pignoramento dei crediti verso terzi” compresi i rapporti finanziari è già previsto e disciplinato da una legge di 50 anni fa, il decreto del presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, con i limiti stabiliti dal Codice di procedura civile. E si applica alla riscossione dal 2005, quando nacque Equitalia.

Come ha chiarito Leo, l’intervento previsto dall’articolo 16 del ddl punta a far sì che quel tipo di azione sia finalmente “spedita, semplice ed efficace”. Perché oggi “i pignoramenti avvengono al buio, sulla base di informazioni vecchie”, spiega Alessandro Santoro, docente di Scienza delle Finanze all’università Bicocca. “Se si vuole evitare di continuare ad accumulare miliardi nel magazzino della riscossione occorre consentire all’Agenzia di esercitare davvero i suoi poteri. Altrimenti tanto vale eliminarli”.

L’AdeR ha sempre chiesto di poter sapere dalla banca se sul conto del debitore ci sono in un dato momento i soldi necessari per coprire il dovuto e vale dunque la pena di avviare il pignoramento. La delega, riprendendo a sorpresa i contenuti di un emendamento alla legge di Bilancio 2023 presentato da Oxfam e Sbilanciamoci e bocciato dall’esecutivo, prevede proprio questo, disponendo “la razionalizzazione e l’automazione della procedura di pignoramento dei rapporti finanziari, mediante l’introduzione di meccanismi di cooperazione applicativa sin dalla fase della dichiarazione stragiudiziale del terzo”. Il viceministro ha confermato in commissione che l’obiettivo è “semplificare le procedure che l’ente creditore può porre in essere, esclusivamente riferite all’accertamento della consistenza dei patrimoni finanziari oggetto dell’azione di pignoramento”. Dunque il decreto legislativo su questo punto dovrebbe stabilire l’obbligo per le banche di rendere disponibile all’agente della riscossione la capienza del conto rispetto al debito con l’erario e definire modalità telematiche per la gestione degli atti di pignoramento. Come auspicato dalla stessa Abi.

Quanto alla nuova pace fiscale “per chi è ostaggio da troppi anni dell’Agenzia delle entrate” evocata dal leader della Lega, Leo ha smentito che ci sia in cantiere qualcosa del genere. Anche perché come è noto di sanatorie, condoni e rateizzazioni il governo Meloni ne ha già offerti una dozzina nella manovra. L’uscita di Salvini è stata accolta con fastidio non solo dal direttore Ernesto Maria Ruffini ma pure al Mef, perché rischia di indurre chi ha aderito alla Rottamazione quater – per cui sono state presentate 3,8 milioni di domande – a non saldare le rate sperando in un condono ancora più generoso. Del resto di per sé, al contrario di quanto sostiene il governo, le rottamazioni sono decisamente inefficaci nel recupero del dovuto: come emerge dalle ricognizioni della Corte dei Conti di cui ilfattoquotidiano.it ha scritto già nel giugno 2022, le prime tre e il Saldo e stralcio hanno fruttato un gettito di soli 19,9 miliardi di euro a fronte dei 53,9 ipotizzati e dei 98,3 miliardi di debito complessivo interessato dalle misure.

Leo ha anche rivendicato, come strumento per ridurre l’evasione, il concordato preventivo biennale, cioè il previsto accordo tra le Entrate e le piccole e medie su una base imponibile valida per due anni e di conseguenza sulle tasse da pagare, indipendentemente da eventuali aumenti del reddito: si tratta, ha detto, di “un’innovazione basata innanzitutto sull’ampia mole di informazioni in possesso dell’amministrazione finanziaria in grado di interloquire con i contribuenti proponendo livelli di fatturato e imposte predefiniti, restando l’unico obbligo degli adempimenti IVA e dichiarativi”. Sulla stessa linea, ha aggiunto, “ulteriori elementi innovativi per contrastare l’evasione fiscale e superare il gap fiscale deriveranno dalla possibilità di definire ex ante il rischio fiscale e concentrare maggiormente i controlli sui contribuenti effettivamente problematici” attraverso la piena intertoperabilità delle banche dati e l’utilizzo dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi. Prospettive che prima delle elezioni erano descritte dal centrodestra come pericolose prove tecniche di “Grande fratello fiscale”.

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