Quasi nove italiani su dieci sono preoccupati di non riuscire a pagare le bollette. Tra chi sta nella fascia di reddito più bassa, più di sei su 10 temono anche di non poter far fronte alle spese per il cibo e l’affitto (o il mutuo). E oltre l’80% crede che il governo debba fare di più per aiutare le famiglie ad affrontare l’impennata del costo della vita: una percentuale seconda solo a quelle registrate tra i cittadini portoghesi e quelli cileni. Poco meno quelli che ritengono prioritario un intervento per migliorare le condizioni di lavoro. I risultati di un sondaggio sovranazionale dell’Ocse sui rischi sociali ed economici percepiti dai residenti in 27 Paesi sviluppati illustrano bene le conseguenze del crollo dei salari reali in Italia. Oltre a misurare la distanza tra aspettative dei cittadini e scelte dell’esecutivo, che sugli stipendi non batte un colpo – salvo affossare il minimo legale – e ha abolito il reddito di cittadinanza sostituendolo con una misura che seleziona i beneficiari in base all’età e ai carichi familiari.

La survey “Rischi che contano” è stata condotta per la prima volta nel 2018 e poi ripetuta nel 2020 e a fine 2022, su un campione rappresentativo di 27mila persone: è la più ampia rilevazione globale sulla percezione relativa alla propria vulnerabilità e alla protezione sociale garantita dallo Stato. L’ultimo aggiornamento, diffuso pochi giorni fa, prende le mosse dall’eccezionale crescita dei prezzi dell’ultimo anno e mezzo. “Quasi metà (47%) dei rispondenti riferiscono di essere un po’ o molto preoccupati riguardo alla loro possibilità di pagare per le quattro categorie di spesa essenziali, cioè prodotti alimentari, casa, energia e rimborso dei debiti“, spiega la nota preparata dal direttorato per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, guidato da Stefano Scarpetta. Il timore più frequente (81% degli intervistati) riguarda la capacità di coprire i costi dell’energia. Ma tra gli italiani la percentuale è ben superiore alla media e sfiora il 90%.

Alla domanda sulle preoccupazioni relative alla capacità di continuare ad arrivare a fine mese anche nei prossimi uno/due anni, poi, ben sette su 10 hanno risposto di non esserne sicuri. Tra gli europei solo greci, spagnoli, portoghesi e lettoni manifestano maggior timore. Ma ancora più significative sono le disparità tra fasce sociali, cartina di tornasole di un sostegno pubblico alle fasce deboli evidentemente insufficiente. Focalizzandosi sul primo quintile, ovvero il 20% di popolazione che ha redditi più bassi, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico trova infatti che in Italia più del 60% del campione si è detto un po’ o molto timoroso di non poter fronteggiare già nel 2022 le spese per i beni essenziali: il 10% in più della media. Peggio va solo ai cittadini indigenti di Turchia, Messico, Grecia, Spagna, Cile e Israele. In Germania la quota si ferma a meno del 40%.

Infine le risposte auspicate da parte dei governi: l’Italia è terza, dopo Portogallo e Cile, per quota di cittadini che vorrebbero maggiori interventi per assicurare sicurezza sociale ed economica alle famiglie. Non solo: quasi l’80% crede che l’esecutivo dovrebbe dare priorità a misure per “migliorare i salari o le condizioni di lavoro”. Solo in Spagna e Grecia, tra i Paesi Ue, la percentuale è (di poco) superiore. Eppure finora dall’esecutivo è arrivato solo un mini taglio aggiuntivo del cuneo fiscale, valido al momento fino a fine anno. Mentre con il decreto del Primo maggio sono stati ulteriormente liberalizzati contratti a termine e voucher.

Le mosse della maggioranza di centrodestra appaiono in netto contrasto con i rimedi consigliati dall’organizzazione parigina, che nel suo policy brief sottolinea l’importanza di aggiornare regolarmente all’inflazione i sussidi ai più vulnerabili “inclusi i programmi di reddito minimo”. La Lettonia e la Grecia hanno di recente introdotto questa indicizzazione. L’Italia al contrario ha abolito il reddito di cittadinanza sostituendolo con una misura che seleziona i beneficiari in base all’età e ai carichi familiari, tagliando fuori circa 400mila nuclei. E come contentino ha varato una card da 382 euro una tantum con cui fare la spesa, comprando però solo determinati prodotti per stimolare le “filiere nazionali”.

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