I salari reali in Italia calano in maniera “forte” e tra le principali economie dei 38 Paesi dell’Ocse è quello che registra la regressione più importante. Per questo, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – presentando le Prospettive dell’Occupazione 2023 – chiede all’Italia di fare leva sul rinnovo dei contratti collettivi e auspica l’introduzione del salario minimo per provare a recuperare il gap. Una mina sotto le sedie del governo Meloni, che da settimane respinge l’idea di sposare la proposta di legge sul minimo legale presentata dalle opposizioni. “L’Italia è il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie Ocse”, sentenzia l’organismo internazionale sottolineando che “alla fine del 2022 i salari reali erano calati del 7% rispetto al periodo precedente la pandemia” e “la discesa è continuata nel primo trimestre del 2023, con una diminuzione su base annua del 7,5%”.

Secondo l’Ocse, i “significativi ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi (oltre il 50% dei lavoratori è coperto da un contratto scaduto da oltre due anni) rischiano di prolungare la perdita di potere d’acquisto per molti lavoratori”. I salari fissati dai contratti collettivi “sono diminuiti in termini reali di oltre il 6% nel 2022″, si legge ancora nelle Prospettive dell’Occupazione Ocse 2023. “Si tratta di un calo particolarmente significativo se si considera che, a differenza di altri Paesi, la contrattazione collettiva copre, in teoria, tutti i lavoratori dipendenti”, avverte l’organismo con sede a Parigi. “L’indicizzazione dei contratti collettivi alle previsioni Istat dell’inflazione al netto dei beni energetici importati (IPCA-NEI), recentemente riviste significativatimente al rialzo, fa pensare che i minimi tabellari potranno recuperare parte del terreno perduto nei prossimi trimestri”, sottolinea l’Ocse.

E il direttore per l’impiego, il lavoro e gli affari sociali dell’Ocse, Stefano Scarpetta, fa notare come pesi anche l’”assenza di un salario minimo”, presente in 30 Paesi Ocse su 38. Citando, tra l’altro, gli effetti della guerra in Ucraina, l’economista italiano sottolinea “l’importanza di avere in momenti come questo” un salario minimo, accompagnato ovviamente da una commissione tripartita per valutarne il livello. Scarpetta ha citato l’esempio della Germania, che come l’Italia ha un “forte” livello di contrattazione collettiva, il che non ha impedito all’ex cancelliera Angela Merkel di introdurre una forma di salario minimo (partito nel 2015 da 8,50 euro l’ora) anche in risposta alla diffusione dei cosiddetti mini-job.

Note positive invece sul mercato del lavoro che va “relativamente bene” pur restando la disoccupazione superiore alla media dei Paesi membri e nonostante il rallentamento della crescita e la diminuzione dei salari reali. Tra le cause, valide per l’intero ecosistema Ocse, si legge nel rapporto, c’è l’aggressione russa contro l’Ucraina che “ha contribuito a un’impennata dell’inflazione, che non è stata accompagnata da una corrispondente crescita dei salari nominali”. Di conseguenza, i salari reali sono diminuiti praticamente in tutti i Paesi Ocse: “In media, nel 1° trimestre 2023 i salari reali erano diminuiti del 3,8% rispetto all’anno precedente nei 34 Paesi Ocse in cui i dati sono disponibili”. La perdita di potere d’acquisto – avverte l’Ocse – ha “un impatto più forte sulle famiglie a basso reddito, che hanno una minore capacità di far fronte all’aumento dei prezzi attraverso il risparmio o l’indebitamento”.

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