I lombardi sono particolarmente ipertesi, impegnati a combattere bruciori di stomaco e con le ossa fragili. Per cui, se andiamo a leggere la classifica dei dieci principi attivi più prescritti in Regione (in percentuale, sul totale di confezioni distribuite nel 2022), scopriamo che il podio è occupato da bisoprololo fumarato, pantoprazolo sodico sesquidrato e colecalciferolo. In termini più familiari, si tratta di farmaci per curare, nell’ordine: insufficienza cardiaca e ipertensione, reflusso gastroesofageo e carenza di vitamina D.

I dati sono stati raccolti da Federfarma, Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani, sulla spesa farmaceutica convenzionata col Sistema sanitario nazionale. Tra le prime dieci medicine indicate nelle prescrizioni troviamo anche alcuni farmaci per trattare il diabete (metformina cloridrato), un diuretico legato alla cura dello scompenso cardiaco; mentre l’acido acetilsalicilico, comunemente detto “aspirina”, occupa la settima posizione, seguito dall’atorvastatina, particolarmente consumato da chi deve tenere sotto controllo il colesterolo. Dal punto di vista economico, le malattie che incidono di più sulle casse pubbliche sono quelle dell’apparato gastrointestinale e del metabolismo (25,81% della spesa totale), quelle relative al sistema cardiovascolare (25,74%) e al sistema nervoso (15,38%).

Differenze e similitudini
Questa fotografia sullo stato di salute dei Lombardi ha qualche analogia e differenze con altre zone del nostro Paese. Le similitudini riguardano i farmaci che si trovano ai primi posti mentre l’aspirina, per esempio, nel Sud Italia e nelle Isole è ai vertici della classifica. In base ai dati del report non sappiamo i perché di queste differenze, se per il maggior utilizzo o solo per più frequenti prescrizioni, o perché i lombardi tendono a decidere quando prendere la pastiglia senza consultare il medico?

Il parere dell’esperto
Sta di fatto che “nei nostri Paesi occidentali oltre la metà della popolazione adulta assume quotidianamente farmaci prescritti dal medico e oltre un terzo farmaci da banco autoprescritti”, commenta il dottor Franco Berrino, epidemiologo di esperienza internazionale e già Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto tumori di Milano. “In Italia i farmaci più prescritti sono i prazoli: omeprazolo, panto-prazolo, lansoprazolo ecc. Sono inibitori di pompa protonica, cioè bloccano la secrezione acida dello stomaco”. E come risultato dalla ricerca di Federfarma, siamo di fronte a medicinali prescritti “soprattutto per il reflusso gastroesofageo, che causa bruciore di stomaco e irritazioni in gola”, continua Berrino. “Ma non sono curativi, alleviano solo i sintomi. Inoltre, chi assume prazoli per lunghi periodi ha un rischio maggiore di infezioni, particolarmente di polmoniti anche causate da un microbo resistente ai comuni antibiotici, il Clostridium difficile”. Un consumo assiduo di prazoli ha poi un effetto paradossale perché se già c’è tendenza a soffrire di malattie cardiovascolari, questo tipo di farmaci “aumenta il rischio di infarto, aritmie cardiache (perché i prazoli causano perdita di magnesio), fratture (per la perdita di calcio) e insufficienza renale”.

Reflusso e ipertensione, perché?
Il reflusso gastroesofageo è dovuto all’obesità e all’eccesso di cibi spazzatura e mal masticati”, spiega ancora l’esperto. E come si può allora risolvere alla radice? “Cambiando l’alimentazione”, risponde Berrino.

Che dire allora della diffusione di farmaci per l’ipertensione, il consumo di vitamina D, l’aspirina, ecc. riportata al report Federfarma? “Anche per l’ipertensione parliamo di un problema che interessa oltre la metà della popolazione adulta. E deve essere curata, perché è uno dei principali fattori causali dell’infarto e dell’ictus”, continua Berrino. “Ma i pazienti devono essere informati che si controlla aumentando l’attività aerobica e limitando le occasioni di stress (utilissime le passeggiate nei boschi), mangiando meno, riducendo l’obesità, il consumo di sale, i grassi saturi, il tabacco, lo zucchero e aumentando il consumo di frutta e verdura”. E poi, a proposito di stress e cuore, c’entra anche la qualità del nostro sonno. Perché se fin dall’antichità, con poche eccezioni, i nostri antenati sono andati a dormire con il buio e si sono svegliati all’alba, “negli ultimi cento anni, dopo l’invenzione dell’energia elettrica, stiamo sempre più alzati alla sera, lavoriamo sempre di più di notte e vediamo l’alba raramente”, sottolinea l’esperto. E le conseguenze? “Chi fa turni di lavoro notturno ha un maggior rischio di morte prematura (del 25 per cento circa) e di ammalarsi di infarto e di cancro”.

Corsa alla vitamina D
C’è una grande diffusione di carenza di vitamina D testimoniata anche dalla ricerca in Lombardia. Ricordiamo che questa vitamina è indispensabile per la salute delle ossa, per il sistema immunitario e per tante altre funzioni. “Chi è carente di vitamina D ha più fratture ossee, si ammala di più di alcuni tumori, in particolare dell’intestino, di malattie infettive da virus respiratori, di malattie autoimmuni, in particolare di sclerosi multipla”, spiega sempre Berrino. Quindi è giustificato il consumo di integratori di vitamina D? “Gli studi clinici che hanno valutato la somministrazione di integratori non hanno generalmente riscontrato alcuna efficacia. Per le ossa gli integratori sono efficaci solo per chi ha valori plasmatici di vitamina D molto bassi”.

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