Dieci giorni di tempo. È il diktat dato dal Garante per la sorveglianza dei prezzi alle principali compagnie aerei per fornire “spiegazioni precise” sulle dinamiche dei prezzi, in particolare su determinate tratte che hanno visto una variazione anomala. Il garante Benedetto Mineo, su impulso del ministro del Mimit Adolfo Urso, ha convocato Ita Airways, Ryanair, Malta Air, Aeroitalia, Easyjet, Neos e Wizz Air per analizzare le dinamiche dei prezzi medi dei biglietti aerei negli ultimi mesi sulle tratte nazionali. I dati Istat di maggio, paragonati con lo stesso mese dell’anno precedente, parlano chiaro: aumenti medi del 40%. Al centro delle verifiche del Garante per la sorveglianza dei prezzi c’è soprattutto l’andamento dei prezzi dei biglietti di alcune tratte che collegano gli aeroporti di Roma e Milano con Venezia, Palermo, Catania e Cagliari. Mineo ha comunicato che la prossima riunione della commissione per il monitoraggio dei prezzi si terrà giovedì 20 luglio e servirà a confrontare i dati forniti dalle imprese con quelli già disponibili.

“Il problema è che storicamente i maggiori rialzi si registrano da giugno ad agosto. Per non parlare del fatto che i biglietti per i voli legati alle vacanze sono in parte già venduti. Insomma, la riunione del 20 luglio è a dir poco tardiva persino per la moral suasion. Unica speranza è che l’Antitrust intervenga almeno laddove vi sono abusi di posizione dominante”, è la lamentela del presidente di Unione nazionale dei consumatori, Massimiliano Dona. Come a dire: il governo interviene tardivamente e in maniera leggera. “I rialzi tendenziali di maggio – ricorda – sono stati anomali, e non solo per alcune rotte. In media il trasporto passeggeri è rincarato del 37,9% su maggio 2022, mentre i voli nazionali sono decollati addirittura del 43,9%, più di quelli intercontinentali, fermi a +36,8%, a dimostrazione che la scusa del caro carburante non regge e si tratta di speculazioni”.

Il problema, infatti, non è solo sui voli domestici. Uno studio di Assoutenti negli scorsi mesi rivelava che per alcune tratte europee i biglietti costano oramai quasi quanto un volo a lungo raggio per New York: ad esempio per volare da Roma a Rodi, partendo il 12 agosto e tornando il 19 agosto, servono almeno 696 euro, 694 euro da Milano a Tenerife, contro i 743 euro del volo andata-ritorno Roma-New York. Superano i prezzi dei voli intercontinentali i biglietti per l’Egitto: nello stesso periodo (12-19 agosto) per andare da Milano a Sharm el Sheikh si spendono almeno 950 euro, mentre per la tratta Roma-Marsa Alam si parte da 778 euro. Costosissimo anche volare su Creta (530 euro da Roma) e Monastir (654 euro da Milano). Il tutto nonostante, come certificato dalle stesse compagnie, gli aerei abbiano decisamente ripreso il volo nel post-Covid, con il traffico tornato ormai ai livelli del 2019.

Ci sono diversi elementi che fanno presagire che il low cost, almeno nella sua versione più spinta, non lo rivedremo per un bel po’. Il prezzo del petrolio (e quindi dei carburanti) nell’ultimo anno è sceso ma rimane del 20% superiore ai valori antecedenti alla pandemia. Le grandi compagnie hanno un peso negoziale che consente loro di strappare prezzi più favorevoli ed usano strategie finanziarie per neutralizzare, entro certi limiti, le oscillazioni dei prezzi ma un fattore carburante esiste. C’è anche uno sforzo che il settore è tenuto a compiere per ridurre le emissioni di Co2. Questo, per ora, significa soprattutto ringiovanire le flotte ordinando aerei più moderni e meno inquinanti, quindi spese da scaricare in qualche modo sui passeggeri. In prospettiva l’utilizzo di biocarburanti che però, almeno per ora, sono molto più costosi rispetto a quelli di derivazione fossile. Senza contare di come potrebbero essere cambiate le strategie economiche dei gestori aeroportuali per “attrarre” le compagnie negli scali.

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