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Proteste in Francia, i sindacati di polizia: “È l’ora della battaglia”. La sinistra insorge: “Un appello alla guerra civile”

Proteste in Francia, i sindacati di polizia: “È l’ora della battaglia”. La sinistra insorge: “Un appello alla guerra civile”
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In Francia la tensione è alle stelle: le sommosse quotidiane, con numeri da record – oltre mille arresti ogni notte – i saccheggi, le sassaiole, gli assalti ai supermercati, stanno mettendo a dura prova la tenuta dell’ordine. Con il presidente Emmanuel Macron e il suo governo stretti tra le richieste delle forze dell’ordine e le istanze dei manifestanti, scesi in pizza dopo la morte del diciassettenne di Nanterre, Nahel, colpito da un proiettile sparato a bruciapelo da un poliziotto. A incendiare ancora di più il clima è arrivato un comunicato dei sindacati di polizia, che usa toni durissimi: “È l’ora della battaglia“. Parole che hanno fatto insorgere la sinistra, che ha puntato il dito contro “una minaccia di sedizione” e “un appello alla guerra civile“.

Una polemica che arriva mentre anche sabato proseguono gli scontri e le violenze in molte città francesi. Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha schierato un totale di 45mila poliziotti e gendarmi. Particolare attenzione a Marsiglia e Lione, le città dove le proteste stanno raggiungendo il livello più alto di violenza. A Lione è stato schierato il Crs 8, specializzato nella violenza urbana. L’età media delle persone fermate dalle forze dell’ordine durante gli ultimi disordini e le violenze in Francia è 17 anni, ha dichiarato sempre Darmanin, sottolineando – dopo che lo aveva fatto anche il ministro della Giustizia – la giovane età dei partecipanti agli incidenti, tra cui figurano anche “incendiari di 12-13 anni“.

Il comunicato dei sindacati
Esasperati da mesi di tensione – da gennaio a maggio erano stati sotto pressione per le manifestazioni contro la riforma delle pensioni – i poliziotti denunciano la loro situazione. Ma il linguaggio usato dai loro sindacati, in un momento quanto mai delicato in Francia, non fa altro che aumentare il livello dello scontro. Il messaggio “incendiario” è stato firmato dal sindacato maggioritario della polizia, Alliance, e da Unsa police: “Ora basta… di fronte a queste orde selvagge, chiedere la calma non basta più, bisogna imporla! – scrivono i sindacati – Riportare l’ordine repubblicano e mettere i fermati in condizioni di non nuocere devono essere gli unici segnali politici”. In conclusione del comunicato, scritte in grassetto, le parole esplosive: “Oggi i poliziotti stanno combattendo, perché noi siamo in guerra. Domani, faremo la resistenza e il governo dovrà prenderne coscienza”.

La reazione della sinistra
Tra le reazioni più dure quella di JeanLuc Mélenchon, leader de La France Insoumise, il principale gruppo politico di sinistra: “I ‘sindacati’ che lanciano appelli alla guerra civile devono imparare a stare zitti – ha twittato – abbiamo visto come questo tipo di affermazioni sfoci in comportamenti omicidi“. Mélenchon ha invitato “il potere politico” a “riprendere in mano la polizia: chi vuole la calma, non getta benzina sul fuoco“. Gli ha fatto eco il deputato del suo stesso partito, da molti indicato come suo successore, François Ruffin: “I sindacati di polizia si dicono ‘in guerra’ e preparano la ‘resistenza’, anche contro il governo”. Dallo stesso partito, il deputato Ugo Bernalicis chiede la sanzione per “istigazione ad armarsi contro l’autorità dello stato”. L’ecologista Sandrine Rousseau definisce il comunicato “una minaccia di sedizione”.

C’è stata anche una replica dei sindacati: “Quando diciamo che faremo resistenza – ha detto Thierry Clair, di UNSA Police – vuol dire che ci batteremo per una miglior protezione giuridica dei poliziotti”. Intanto, fra le divise, circola un modello di lettera da firmare per dichiarare la volontà di “restituire l’arma di servizio” da parte di chi non si ritiene abbastanza protetto giuridicamente nel caso apra il fuoco.

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