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Stiamo dando enorme rilevanza ai personaggi imbarazzanti dei social: è ora di riprenderci

Stiamo dando enorme rilevanza ai personaggi imbarazzanti dei social: è ora di riprenderci
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di Alessandro D’Ambrosio

Tento una previsione. Azzardata, sicuramente, ma in fin dei conti la tragedia a cui stiamo assistendo in queste ore è paradossale, pertanto utilizzerò anche io la figura retorica del paradosso per accendere un faro sulla reale tragedia nella tragedia.

Immaginiamo che uno o tutti questi quattro youtuber (The borderline) finiscano sotto processo, che tutte le accuse infine siano fondate, che effettivamente sì, erano in giro da due giorni dentro quel maledetto suv per filmare la loro ennesima “challenge”, ultima frontiera dell’intrattenimento, da dare in pasto a quelle migliaia di anime annoiate che permettono loro di monetizzare sul contenuto di ottima fattura da loro prodotto, e che a causa di tutto questo abbiano commesso questo atroce omicidio.

Il processo termina: ognuno di loro si becca gli anni di carcere che per quanti gliene avranno dati saranno sempre pochi. Ma nel frattempo, coi tempi della nostra giustizia, la polvere che hanno sollevato quel maledetto giorno di giugno 2023 sarà ritornata inesorabilmente al suolo, sicché i loro avvocati iniziano a fare pressione per qualche piccolo patteggiamento, perché insomma, sono ragazzi giovani, non facciamoli marcire in galera, e così, tra una buona condotta, una promessa di vera redenzione e un’altra, tra qualche anno i nostri eroi del web saranno di nuovo a piede libero. Che fare a quel punto? Non sarà che magari ci scappa di scrivere un bel libro sopra questa storia? Perché non raccontare dell’esperienza in carcere, recitando a quel punto la parte delle vittime, no? Di tempo ne è passato, la gente dimentica… Magari ci possiamo aprire un altro canale YouTube, profili TikTok, Instagram e chissà quante altre possibilità ci regalerà il web dell’avvenire! E se ci scappa un’intervista a Pomeriggio Cinque? E se…

Ed eccolo lì. Eccolo lì il male.

Sono i giornalisti che faranno la fila per intervistarli, le telecamere pronte a riprenderli, la macabra curiosità della gente che non vuole altro che saperne di più, ficcanasare, sputare tutto il veleno nei commenti. Il male è continuare a chiamare “intrattenimento” quello a cui stiamo assistendo dall’avvento della monetizzazione dei social network, fenomeni imbarazzanti, che spiccano solo per ignoranza, senza alcun talento vero se non quello di portare sempre più in là l’asticella del trash, dell’estremo, del grottesco.

Ne cito solo un paio: 1727wrdlstar, anche conosciuto per la frase tormentone “ho preso il muro fratellì” a cui La7 dedica un’intervista; Elisa Esposito, la “professoressa” che parlava in “corsivo” a cui numerose testate giornalistiche di importanza nazionale dedicano ampio spazio quando i suoi video diventano virali. Quando Internet è nato, qualcuno ha azzardato l’ipotesi che l’uomo si stava addentrando in un’era di conoscenza infinita: come ci siamo finiti perciò a dare spazio a certi personaggi? Perché il problema non lo possiamo circoscrivere a “The borderline”: il problema è che dobbiamo mettere da parte le ipocrisie e ammettere che a questi personaggi tutti noi stiamo dando un’enorme rilevanza; dobbiamo ammettere che il sistema mediatico ci marcia sopra, che certi personaggi andrebbero bannati dal web e dimenticati da tutti e non portati nelle trasmissioni e sui giornali. A quanti infermieri, operai, medici, impiegati che ogni giorno si svegliano e fanno silenziosamente il loro dovere stiamo dando importanza? Nessuno di questi, ognuno viaggia con il paraocchi, nell’indifferenza più totale.

E allora forse è tempo per tutti noi di spegnere le televisioni, abbandonare i social network, mettere da parte i nostri smartphone ricchi di notifiche accattivanti a ritmo serrato dal mattino alla sera. Noi abbiamo la responsabilità e la facoltà di ristabilire gli equilibri, di smetterla di esaltare gli scemi del villaggio per il nostro divertimento.
Forse è tempo di riprendere il contatto con la realtà. Forse è tempo di riprenderci, perché non ce la stiamo proprio facendo.

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