Con l’inflazione i nodi vengono al pettine. I risultati di fondi pensione e piani individuali pensionistici (Pip) sono disastrosi, a conferma che possono tutt’al più servire come forma di elusione fiscale, per altro con molti rischi. La loro diffusione è frutto di illusioni e malintesi. Al riguardo ho preparato un quiz numerico su quattro argomenti, che smonta alcuni frequenti errori e fraintendimenti.

La questione è attuale perché è uscita la relazione annuale della Covip, organo di vigilanza. Ma come sarebbe andata si era capito già a fine 2022-inizio 2023, tanto che persino la stampa economica si era convertita. Sullo stesso Corriere della Sera, sistematicamente schierato a favore della previdenza integrativa, scriveva infatti Massimiliano Jattoni Dall’Asén – e gliene va dato merito – che “tenersi stretto il Tfr è al momento la soluzione più saggia” nel supplemento L’Economia.

I dati per il 2022 sono eclatanti. Ragioniamo sui risultati lordi, non inficiati da favori e dispetti fiscali. La rivalutazione del Tfr dei lavoratori dipendenti è stata del 10%, negativi invece i rendimenti medi della previdenza integrativa; negativi già in termini nominali: dal -9,8% al -11,5% a seconda dello strumento. Come dire? Più 10 da una parte, meno 10 dall’altra. Anche per linee cosiddette garantite dei fondi pensione è stata una batosta: una perdita reale media del 15,6%.

Tutto ciò non è conseguenza di qualche evento inimmaginabile, bensì della più grave stortura della previdenza integrativa: la totale assenza di tutela del potere d’acquisto.

Chetatesi le acque, sindacalisti, bancari e promotori si sono attivati per ricondurre l’informazioni nei binari della loro convenienza a danno dei lavoratori. In particolare si affollano su Internet confronti fra Tfr e fondi pensione, in apparenza indipendenti. Ma tutti attenti a nascondere le storture strutturali dei fondi pensione chiusi (Cometa, Fonchim, Fon.Te ecc.) cioè la totale opacità, la mancanza di protezione contro l’inflazione, i subappalti nella gestione e i conflitti d’interesse con le associazioni padronali. E a spingere i lavoratori nella trappola della previdenza integrativa, da cui poi non possono poi più uscire.

Non riuscendo però a convincerli facilmente, hanno trovato il sistema per gonfiare le iscrizioni e così vantare per il 2022 un aumento degli iscritti. Senza che lo scelga, il lavoratore viene iscritto nel fondo pensione, per es. a Priamo, Prevedi ecc., con un risibile versamento sui 100 euro l’anno, sottratto dagli aumenti salariali. Si veda una intervista trasmessa da Quarta Repubblica l’8-5-2023 sulla iscrizioni coatte ai fondi pensione.

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