Sono salvi grazie all’educazione indigena che hanno ricevuto dalla loro nonna. Conoscevano i frutti selvatici da poter mangiare, sapevano come muoversi nella fitta selva del Guaviare, rinomata essere una delle foreste più dense e vergini dell’intera Amazzonia. Così i 4 bambini sopravvissuti allo schianto di un aereo Cessna 206 lo scorso primo maggio sono riusciti a restare in vita per 40 giorni nel mezzo della giungla colombiana, prima di essere trovati e tratti in salvo. Le ricerche non si erano mai interrotte proprio per via delle continue tracce lasciate dai 4 fratelli durante i loro spostamenti: piccole impronte di piedi e frutti selvatici che sembravano essere stati morsi, sono questi i segnali che hanno dato speranza ai soccorritori, che hanno fatto credere nel miracolo.

I quattro fratelli sono gli unici sopravvissuti dell’incidente aereo, nel quale è morta la loro madre, insieme al pilota e al copilota del Cessna. Il più grande, Lesly, ha appena 13 anni. Soleiny ne ha 9, Tien è di 4 anni. E poi c’è la piccola Cristin, ha compiuto il suo primo anno di vita il 26 maggio, mentre si trovava dispersa nella selva. In quella data il Comando delle forze armate aveva invitato l’intero Paese a festeggiare il compleanno della neonata con una preghiera per lei e per i suoi fratellini. I quattro bambini sono membri del gruppo indigeno Huitoto: per questo i soccorritori, nonostante la loro età, speravano che la conoscenza dei frutti selvatici potesse dar loro qualche possibilità di sopravvivenza. I primi oggetti ritrovati dai ricercatori nella foresta sono stati un paio di forbici viola e un elastico per capelli. In un altro punto, invece, è stato trovato un pezzetto di metallo che sembrava essere parte di un telefono. Sono stati però i resti della frutta a suggerire che i bambini potessero essere ancora vivi.

Sono sopravvissuti grazie alla loro “conoscenza ancestrale“. A spiegarlo – come riportato dalla testata Cambio – è John Moreno, leader indigeno guanano del Vaupés, che ha raccontato: “I bambini sono cresciuti dalla nonna, che è sapiente nella protezione indigena di Araracuara. Sono riusciti a sopravvivere grazie alle conoscenze tradizionali che ha insegnato loro”. Anche per Sandra Vilardy, viceministro della politica e della normalizzazione ambientale, se i bambini sono potuti sopravvivere nella selva, è grazie ai “messaggi della propria comunità e, naturalmente, le conoscenze che hanno fornito loro in precedenza”. I rischi nella foresta, ha detto ancora Vilardy, sono tanti e riguardano non solo “le condizioni molto limitate che offre la giungla in termini di alimentazione” ma anche quelli “associati a felini, serpenti, ragni, scorpioni, terreni instabili e pericolosi”.

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