L’indagine era stata chiusa nel maggio dell’anno scorso e riguardava l’eredità dSilvana Barbieri (deceduta nel 2019) alla figlia Patrizia Reggianio. Arriva la prima sentenza scaturita dall’inchiesta sulla gestione dell’eredità di Lady Gucci, ossia Patrizia Reggiani, vedova dell’imprenditore della moda Maurizio Gucci, condannata a 26 anni, di cui 17 trascorsi a San Vittore, per l’omicidio del marito nel 1995. Oggi il giudice di Milano Guido Salvini ha ratificato i patteggiamenti a 2 anni, pena sospesa, per Daniele Pizzi, ex amministratore di sostegno di Reggiani e difeso dall’avvocato Giovanni Briola, per le accuse di peculato, circonvenzione di incapace e corruzione, e a 10 mesi e 20 giorni, pena sospesa, per Maria Angela Stimoli, presunta “prestanome” e assistita dall’avvocato Maria Francesca Fontanella, per il reato di circonvenzione di incapace. Ad entrambi sono state concesse attenuanti anche perché hanno collaborato alle indagini e, in particolare, Pizzi ha “risarcito” il danno.

Nella sentenza il giudice ricostruisce ciò che era emerso dalle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, coordinate dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Michela Bordieri, ossia quel “progetto di approfittamento e di dirottamento” con “veste apparentemente legale” dell’ingente “patrimonio della Reggiani”, abusando della sua “infermità” psichica. Un’operazione che si concretizzò “con una serie di aperture di conti“, ma anche “di parcelle e bonifici del tutto ingiustificati in favore dell’amministratore di sostegno Pizzi” e di altri indagati, come Loredana Canò, ex compagna di cella che sarebbe stata in grado di far compiere a Lady Gucci scelte che avrebbero causato il prosciugamento del patrimonio milionario a favore suo e dei suoi presunti complici e di indurla a mettersi contro le sue figlie.

Negli atti dell’accusa “la costituzione” di una fondazione “divenuta proprietaria dei 91 appartamenti della società immobiliare Vor srl e del tutto sottratta al controllo della Reggiani, con la stipula” di un’assicurazione da 6,6 milioni “destinati ad essere divisi” tra Canò e altri. Per quest’ultima e altri 5 imputati, tra cui l’avvocato Maurizio Giani, ex legale di fiducia di Silvana Barbieri, madre di Reggiani e anche lei raggirata, i pm hanno chiesto il processo. L’udienza preliminare si terrà davanti al giudice per l’udienza preliminare Anna Magelli.

Le figlie di Patrizia Reggiani, che hanno fatto scattare l’indagine con la loro denuncia, nelle dichiarazioni ai pm, come sottolinea il giudice nella sentenza, hanno posto “in evidenza lo stato di influenzabilità della madre da parte di terzi”, richiamando “quanto già acclarato per il delitto” Gucci “a proposito del ruolo” di Pina Auriemma, la sedicente maga e “stretta confidente” di Reggiani, che per l’omicidio fu condannata a 19 anni. Le due sorelle, in particolare, hanno sostenuto che la madre “fosse al pari di allora oggetto di manipolazione e plagio da parte della Canò” e che quest’ultima, “la nuova ‘assistente personale’ della Reggiani”, stava “replicando lo schema che le figlie avevano già visto e vissuto a seguito del rapporto della madre con Pina Auriemma”.

Più consulenze agli atti hanno accertato l’incapacità psichica di Reggiani, “manipolabile in un modo ben percepibile da chi entra in contatto con lei”, come scrive il giudice. Così Canò, “a seguito della frequentazione carceraria” e dopo “il decesso della signora Silvana Barbieri”, ha fissato “la propria dimora presso l’abitazione della Reggiani portandovi addirittura la figlia Sabrina”. In più, si legge ancora, “beneficiava addirittura di un regolare stipendio con qualifica di assistente personale e assumeva, di fatto, anche la gestione economica e patrimoniale di casa Reggiani operando liberamente sui conti correnti”. Canò, inoltre, aveva “collocato nell’abitazione numerosi registratori per ascoltare le conversazioni della Reggiani durante la sua assenza”.

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