Attualità

Luca Barbareschi: “Sono stato gay, l’omosessualità è un adattamento”. E incalza: “Molte donne che si sono definite molestate erano finte”

L’attore, intervistato da Repubblica, torna sui temi etici più “caldi” del momento proponendo una sua lettura spregiudicata e anticonformista

di Davide Turrini

“L’omosessualità è un adattamento”. “Molte donne che si dono definite molestate erano finte”. “Troppo moralismo sul gender: i miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell’umorismo”. È un fiume in piena, Luca Barbareschi. L’attore, intervistato da Repubblica, torna sui temi etici più “caldi” del momento proponendo una sua lettura spregiudicata e anticonformista. Il 66enne ex deputato della Repubblica, oggi felice produttore dei film di Roman Polanski, inizia a raccontare la trama del film che sta girando a Roma tratto dalla pièce di David Mamet e con l’attrice Catherine McCormack. S’intitola The Penitent e s’ispira alla figura dello psicologo canadese Jordan Peterson. “Un genio attaccato ferocemente perché si rifiuta di dire che c’è un terzo sesso”, ha spiegato l’attore. “Trovo che abbia ragione: è un medico e non può prescindere dal fatto che i cromosomi siano quelli”.

Barbareschi racconta la trama del film che vede lo psichiatra linciato perché un giovane paziente gli annuncia una strage e poi uccide otto persone: “L’assassino è ispanico, vittima della società, è gay, emarginato, quindi forse non è più colpevole. La stampa si sposta sullo psicologo, complice una pubblicazione in cui aveva scritto che l’omosessualità è un adattamento”. L’interprete di Nebbie e delitti ricorda: “Isono stato omosessuale nella mia vita, forse ho trovato un adattamento alle mie problematiche”. Poi prosegue: “Un’ondata di finto moralismo distrugge l’America, quella che io sognavo — i miei figli hanno la green card — non c’è più. I miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell’umorismo. Se dico: “Guarda che mignottone”, rispondono “No, papà, è una ragazza che soffre”. Barbareschi si concentra quindi sulle stringenti regole di rappresentazione artistica e creativa con cui gli Stati Uniti stanno ri-scrivendo l’attualità in film, serie, libri: “Ciò che avviene è un disastro, è una semplificazione. Ci sono 120 gender che litigano tra loro. Ci sarà una reazione tra qualche anno e torneremo peggio di prima. Oggi c’è obbligo nelle writing room in America di mettere neri, ispanici, lesbiche (…) ma le regole troppo rigide in questo senso non servono e gli americani eccedono”.

Barbareschi poi ricorda all’intervistatrice che sul suo giornale è stata pubblicata una serie a puntate “di molestate finte, alcune le ho avute a teatro (le attrici di Amleta ndr): “Mi viene da ridere, perché alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate in maniera blanda. Altre andrebbero denunciate per quando si son presentate sedendo a gambe larghe: “Ciao che film è questo?”. Non ho mai avuto bisogno di fare trucchi per scopare, ho detto: “Amore chiudi le gambe, interessante, ma ora parliamo di lavoro”. E ancora: “Secondo me Amleta dovrebbe riguardare un campo più largo. Il problema delle molestie è generale, riguarda la commessa del negozio che deve subire per non perdere il posto. (…) Sono stato un bambino molestato, da otto a undici anni. I preti gesuiti, a Milano, mi chiudevano in una stanza, uno mi teneva fermo e l’altro mi violentava”. Dopo L’ufficiale e la spia, ultimo titolo di Polanski che ha prodotto, l’attore di Cannibal Holocaust e Via Montenapoleone, segnala che il nuovo film del regista polacco è pronto e che molto probabilmente sarà a Venezia a settembre prossimo.

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