Quel ritornello cantato per anni, alla fine, è diventato realtà. Il “sogno nel cuore” urlato a squarciagola ora è cosa fatta: Napoli torna campione. Il “juorno buono” è il 4 maggio 2023, l’uomo che fa esplodere la festa è ovviamente Victor Osimhen, il volto del primo scudetto senza Diego Armando Maradona. In strada si riversano centinaia di migliaia di persone e purtroppo nella festa si contano anche un morto e diversi feriti per colpi di arma da fuoco, con la dinamica ancora non accertata dalla polizia. Scendono dai quartieri periferici, tornano dallo stadio dove in 50mila hanno seguito i novanta minuti di Udine prima di sciogliersi sulle note di Pino Daniele in un canto liberatorio, arrivano dai paesi dell’hinterland.

Ma quella del Napoli è una vittoria che coinvolge tutta Italia e non solo. Si festeggia in piazza Duomo a Milano, per le strade di Roma e Torino, in centinaia di paesi del nord Italia. È una festa che in qualche modo finisce per tenere insieme il Paese, nonostante a Varese – ad esempio – non siano mai momenti di tensione con gli ultras che hanno cercato di impedire la festa ai partenopei. L’epicentro però resta lì, nelle piazze simbolo di Napoli illuminate per tutta la notte da fuochi d’artificio, torce, bengala mentre tutt’attorno è un continuo di canti e caroselli. Per l’artefice di questo successo ragionato, Aurelio De Laurentiis, è una “vittoria di tutti”.

Gli fa eco il sindaco Gaetano Manfredi, che a tarda ora tira un primo sospiro di sollievo perché nelle prime ore di festa tutto è filato liscio sotto il profilo dell’ordine pubblico. Nella prima parte la festa era sembrata scorrere via nel segno di una gioia debordante ma con pochi eccessi. A notte fonda, però, è la Asl 1 e la questura hanno segnalato un morto e diversi: un 26enne è deceduto dopo essere stato colpito da colpi di arma fa fuoco, che hanno ferito anche altre tre persone in zona piazza Garibaldi, mentre altri tre feriti sono stati soccorsi dopo l’esplosione di petardi. In piazza Plebiscito è il delirio, si festeggia nei quartieri Sanità e Arenella, su al Vomero e lungo le strade di Fuorigrotta, dove fin dal primo pomeriggio era iniziata la lunga attesa per l’ingresso allo stadio Maradona per i 50mila fortunati che erano riusciti ad accaparrarsi un biglietto d’ingresso. E i tifosi in strada si esalterebbero ancora di più se sentissero le parole di De Laurentiis, che dopo il trionfo parla di una vittoria che è un inizio, non un punto di arrivo.

“E mo’ comm te lo spiego a nonno”, recita uno striscione in ‘largo Maradona’, diventato un luogo di culto pagano tra i più visitati della città, lì nel cuore dei quartieri Spagnoli che sono diventati il simbolo della rinascita di Napoli. In realtà questo successo è assolutamente spiegabile perché è stato programmato e anche in maniera sostenibile, mentre una parte dei club di Serie A rischia di andare gambe all’aria. E allora Napoli gode, perfino in chiesa dove già domenica – nella parrocchia di San Vitale a Fuorigrotta – si cantavano cori da stadio, e coinvolge i napoletani sparsi per il mondo. È festa a Sidney, in Argentina dove i quotidiani celebrano il successo della città che adottò Diego Armando Maradona, a New York dove esulta anche l’ex sindaco della Grande Mela Bill De Blasio fino alla Corea, dove il Napoli attraverso il carneade Kimuno degli sconosciuti arrivati nello scetticismo estivo – è diventato un brand riconosciuto. È festa a Napoli ed è la festa di Napoli nel mondo. Senza i mille colori di Pino Daniele. Perché per questa notte Napoli è solo azzurra.

Twitter: @andtundo

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