Cominciamo con la notizia più importante del giorno: il drone che esplode proprio sopra la cupola del Cremlino. Il New York Times mostra in successione il momento dell’esplosione con fotogrammi che testimoniano l’evento. I russi accusano l’Ucraina di attentato terroristico, ma Zelensky (che stava in Finlandia per un incontro coi responsabili del nuovo governo) ha risposto che: “Russia has no victories to report so Putin must find other ways to maintain Russian morale” (“I russi non hanno vittorie da raccontare, così Putin deve trovare altre vie per sostenere il morale”).

Entrambe le versioni puzzano di “propaganda” ma sono entrambe comprensibili… viste da “fuori”!

Putin con questo pretesto proverà ad alzare il livello delle stragi così da tornare a far paura ai “pacifisti”. Zelensky, invece, fin dall’inizio, piuttosto che scappare e nascondersi (essendo proprio lui, per Putin, il bersaglio principale da colpire) è sempre stato fieramente al comando dei suoi uomini e del suo popolo, sopportando perdite gravissime e trovando sempre, col fondamentale aiuto degli alleati Nato ed europei (a loro volta sostenuti dagli americani) per resistere alla violenza e alle ingiurie dell’invasore. Come potremmo noi, proprio in questi giorni della “memoria” del 25 aprile, non capire l’insopportabile affronto di chi sconvolge la tua pace e la tua libertà per sottometterti, con la noncurante violenza delle stragi, al suo infernale volere e potere?

Proprio mercoledì Myrta Merlino, in una intervista diretta con la senatrice a vita Liliana Segre, ha parlato della pace chiedendole cosa pensa si debba fare in questa grave situazione. La Segre senza un attimo di esitazione ha risposto come avrebbe risposto qualunque partigiano: “I russi sono invasori, vanno mandati indietro!”. Sono pienamente d’accordo con lei, non si può cedere nemmeno di un metro a chi comincia una guerra (chiunque, non solo Putin). Attenzione alle parole però: non “i russi” ma Putin personalmente è responsabile di tutti i massacri quotidiani compiuti e io piango anche ognuno di quei poveri ragazzi russi, mandati a morire per le ansie espansionistiche di un pazzoide maniaco ambizioso di potere mai bastante. Dio lo giudicherà ma io, se gli scoppiasse un bomba sulla testa, non piangerei di certo. Lo dice anche un proverbio molto utile: “Chi gioca col fuoco finisce per scottarsi!”.

A lui sono imputabili anche le numerose disgrazie arrivate dopo il Covid, come conseguenza del suo gesto criminale: l’inflazione scatenata dal rialzo dei costi energetici e dal riarmo forzato di interi continenti. Spese folli che si giustificano solo dalla necessità europea (e americana) di costringere Putin a fermarsi, e per gli altri dalla necessità di non restare indietro proprio quando sono le armi a parlare invece che la diplomazia.

Ora anche Cina e India hanno capito che non è possibile sostenere a lungo una avventura cosi fuori dal tempo: quell’azzardo poteva essere sostenuto solo per qualche mese (come nel caso della Crimea) ma se non riesce a venirne fuori, peggio per lui. Ok, Putin si è messo nel sacco da solo e, se non riesce a venirne fuori da solo ci penserà, qualcuno dei suoi (coi droni o con altri mezzi) ad aiutarlo. Ma con l’inflazione e le banche come la mettiamo?

Riguardo all’inflazione ne abbiamo appena parlato qua. Con le banche invece c’era già la medicina giusta, adottata dopo la grande depressione americana degli anni Venti, ma l’hanno abolita negli anni Novanta. Era la divisione tra banche ordinarie e banche speciali, quelle che operano solo con grandi operazioni finanziarie e di investimenti a medio e lungo termine. La regola era che, poiché finanziavano solo operazioni di lungo periodo, dovevano anche raccogliere denaro con scadenze lunghe (i famosi certificati di deposito vincolati).

Sapete perché le grandi banche falliscono? Falliscono perché oltre al capitale proprio (come le imprese) devono garantire nella misura stabilita per legge, anche il capitale amministrato, ovvero i depositi di titoli o valori dei clienti sui quali hanno responsabilità amministrativa. Perciò, quando ci sono forti crolli di borsa, il capitale amministrato può scendere a precipizio e trascinare al di sotto dei limiti stabiliti dalla legislazione anche la quota del capitale proprio della banca che, se non trova immediati versamenti da soggetti esterni è costretta a portare i “libri” in tribunale e dichiarare fallimento. La valutazione dei depositi in titoli viene fatta mensilmente al valore di borsa, quindi banche che fino al mese precedente potevano apparire solide possono crollare come birilli se hanno ecceduto nel mettersi in “pancia” titoli soggetti a crolli improvvisi.

Nel 2008 diverse banche fallirono anche prima che Putin scatenasse la guerra, ma qualche regola in più nei controlli era stata messa a partire dal 2009. Ora, la guerra di Putin ha reso obsoleti anche quelli. Se fossi io il legislatore farei tornare quella divisione così da escludere gli speculatori dal disporre di denaro che, come nel caso della Silicon Valley Bank (California), è stata trascinata a fondo da operazioni speculative fatte da terzi con fondi amministrati.

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