Il Tribunale civile di Roma ha rigettato una richiesta di risarcimento danni presentata da Gennaro Sangiuliano, ex direttore del Tg2 e attuale ministro della Cultura, nei confronti dello scrittore Roberto Saviano per diffamazione a mezzo social. In un post su Facebook dell’ottobre 2018, Saviano aveva appellato Sangiuliano “galoppino di Nicola Cosentino“, suggerendo che fosse arrivato alla direzione del telegiornale Rai grazie all’appoggio dell’ex sottosegretario berlusconiano, condannato in via definitiva a dieci anni per concorso esterno alla camorra. Nella sentenza si legge che “non si dispone di alcun criterio, offerto dall’attore, come sarebbe stato suo preciso onere, per procedere ad una liquidazione, seppur equitativa, del danno lamentato, essendosi lo stesso limitato ad alludere un danno alla propria immagine e reputazione, ma che non sembra avere avuto ripercussioni nel proprio ambito professionale e sociale tenuto conto del fatto che all’epoca della pubblicazione dei post era direttore del Tg2, mentre nell’attuale governo è stato nominato ministro della Cultura”.

“Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano mi ha portato a processo ritenendo che io avessi leso la sua onorabilità, ma così non è stato e il Tribunale civile di Roma mi ha dato ragione. Anzi: mi ha dato interamente ragione! Non dicevo il falso quando riconoscevo anche Nicola Cosentino tra i padrini politici di Gennaro Sangiuliano e tra gli artefici delle sue fortune“, scrive Saviano. Che attacca anche la presidente del Consiglio: “Giorgia Meloni – non è un dettaglio, anche se oggi passa sotto silenzio – è stata ministra della Gioventù nel 2008, nello stesso governo e nella stessa coalizione di Nicola Cosentino, condannato in via definitiva a dieci anni di carcere per essere stato il referente politico del clan dei Casalesi. Giorgia Meloni non ha nulla da dire al riguardo? Ci sarà qualche giornalista in grado di inchiodarla alle sue responsabilità, politiche naturalmente, ma enormi? Temo che nessuno – tranne il sottoscritto, che del resto è già stato querelato – chiederà conto a Meloni della sua vicinanza politica a chi ha portato la camorra al governo, una vicinanza per la quale provo disgusto“. Lo scrittore, peraltro, è imputato per diffamazione nei confronti proprio della premier, che l’ha querelato per averla chiamata “bastarda” in tv.


L’avvocato di Sangiuliano, Silverio Sica, annuncia ricorso: “La sentenza, lo dico ironicamente, è istruttiva perché dice che si può parlare di “galoppino” senza recare offesa, in quanto il termine sarebbe una critica politica aspra, pungente ma consentita, e tutte le connotazioni negative scompaiono. Ci sembra che a questo proposito Saviano goda di un privilegio rispetto ad altri italiani. Abbiamo chiesto specificamente al giudice di verificare un pregresso in merito ai rapporti tra il ministro e Nicola Cosentino, che non solo non erano cordiali ma di ostilità, e questo non è stato fatto. Viene dato come fatto notorio che Sangiuliano fosse in continuità con Cosentino, fino alla definizione di “galoppino” e non è stata ammesso come prova il fatto di aver chiesto di dimostrare con una missiva che al contrario il rapporto era di malanimo. Tutto questo è infondato e offensivo“, conclude.

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