La seconda metà degli Anni Novanta non è un periodo sereno per l’Unione europea: trangugiata l’abbuffata di speranze e di illusioni seguita alla fine della Guerra Fredda e alla caduta del Muro, l’ex Jugoslavia, con le sue cruente convulsioni, ha frantumato il mito di un’Europa senza conflitti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

La grande spinta ad una maggiore integrazione, parallela alla riunificazione tedesca e culminata nella firma del Trattato di Maastricht il 7 febbraio 1992 e quindi nella nascita dell’Unione europea il 1° novembre 1993, ha sì visto l’allargamento da 12 a 15 membri, con l’arrivo dei Paesi neutrali, Svezia, Finlandia, Austria; s’è poi ingolfata nelle difficoltà di fare il passo successivo, realizzare l’Unione economico-monetaria; e l’Italia arranca nel tentativo – finalmente riuscito – di restare attaccata al treno, che non è ancora uscito di stazione della moneta.

Nel febbraio 1998 scoppia la guerra del Kosovo, che si protrarrà fino al giugno del 1999 e che si concluderà solo dopo l’intervento della Nato contro la Serbia: lascia cicatrici non ancora sanate.

Quel clima tra disillusione e tragedia condurrà al naufragio del progetto di Costituzione europea, l’anno dopo che nel 2004 si era realizzato l’ampliamento a Est dell’Ue: sintomo incontrovertibile del prevalere dell’allargamento sull’approfondimento dell’integrazione, da allora divenuto più difficile, macchinoso, controverso. Eppure, in quel clima, fra bagliori di guerra e segnali di allentamento della coesione, la notte tra il 2 e il 3 maggio 1998, dopo l’ennesimo negoziato a oltranza – tributo alle liturgie comunitarie – matura la decisione di creare la Banca centrale europea, la Bce, per definire le politiche monetarie dell’Unione europea, stampare la moneta e tenere sotto controllo l’inflazione.

L’accordo fra Francia e Germania, indispensabile per ogni passo avanti nell’integrazione, definì anche la struttura di comando della Bce e la griglia dei valori delle monete: un euro, che vale sostanzialmente due marchi, varrà 1936,27 lire italiane. Il primo presidente della Bce sarà l’olandese Wim Duisenberg, governatore della Banca centrale del suo Paese, candidato sostenuto dal cancelliere tedesco Helmut Kohl, mentre il presidente francese Jacques Chirac avrebbe preferito il governatore della Banca nazionale francese Claude Trichet.

Il compromesso prevede che Duisenberg resti in carica fino al 31 ottobre 2003 – e faccia nascere l’euro – e lasci poi il posto a Trichet. Il banchiere olandese non si godrà a lungo la pensione: morirà nel 2005, a 70 anni, nel sud della Francia, dove s’era trasferito. L’incarico di presidente della Bce ha finora avuto grande stabilità: otto anni per Trichet e otto per il suo successore Mario Draghi; adesso, dal 1° novembre 2019, c’è Christine Lagarde.

Le decisioni del 2 e 3 maggio sono ratificate il 25 maggio dai governi degli 11 Stati che partecipano in quel momento all’euro – dei 15 dell’Unione di allora restano fuori Gran Bretagna, Danimarca, Svezia e Grecia, che poi integrerà il gruppo. Il primo giugno nasce la Bce, il 1° gennaio 1999 l’euro comincia a essere usato nelle transazioni elettroniche e a fini contabili; e il 1° gennaio 2002 la nuova valuta europea entra nella vita quotidiana degli oltre 300 milioni di cittadini dell’eurozona, sette banconote e otto monete, quelle che tuttora abbiamo in tasca.

Il disegno dei biglietti, ispirato agli stili architettonici di sette periodi della storia dell’arte europea, è identico ovunque. Le monete presentano invece una faccia comune a tutti gli Stati, una carta dell’Europa e una faccia con un simbolo collegato all’identità nazionale. Anche San Marino, Vaticano e Principato di Monaco, che sono in unione monetaria con un Paese dell’eurozona, possono emettere euro.

Bce ed euro dovevano essere il coronamento del completamento del mercato unico e della creazione dell’Unione economico-monetaria e anche un passo verso l’Unione politica, nella convinzione che, com’era avvenuto con la formazione degli Stati nazionali, una moneta unica avrebbe favorito l’emergere di un’identità europea. Ma, nel XXI secolo, l’integrazione europea, intrecciatasi e scontratasi con il globalismo e la grave crisi del 2008/’09, con i sussulti del terrorismo integralista islamico a metà Anni Dieci, con la pandemia e la guerra in Ucraina, è particolarmente lenta e difficile: l’allargamento a Est ha annacquato la coesione e ampliato le distanze.

Nonostante tutto ciò, l’euro è cresciuto come moneta internazionale e l’eurozona comprende oggi 20 dei 27 Paesi Ue. La moneta unica è il simbolo più forte dell’integrazione europea e, per questo, è l’obiettivo principale degli attacchi di euroscettici e sovranisti. Fin quando c’è euro, c’è Ue. E c’è speranza d’Europa.

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