“L’Italia mi ha istruita, mi ha curata quando ne avevo bisogno e mi ha dato tanto amore nei giorni più bui. Ora sono arrivata a un passo dalla laurea, però sono ancora straniera”. È la storia di Iman Abdulcadir, 30enne somala approdata regolarmente, a soli 5 anni, con la madre in Calabria, che non riesce ad ottenere il rinnovo del passaporto somalo necessario per il rinnovo del permesso di soggiorno in Italia. Studentessa di geologia presso l’Università della Calabria, sa bene che il passaporto somalo non è affatto desiderabile perché permette l’accesso in pochi Paesi, ma per lei è essenziale per non sentirsi clandestina e viaggiare in Europa.

“Ogni 5 anni, l’ho rinnovato senza alcun problema. L’incubo è iniziato nel 2021 quando, a ridosso della scadenza, contattai l’Ambasciata somala di Roma per prendere un appuntamento e iniziarono a rinviarmi, a non rispondere al telefono, alle mail, ai solleciti” racconta ricordando che, soltanto attraverso i giornali, apprese che, in quel periodo, avevano sospeso il servizio a causa di un cambio al vertice e della conseguente occupazione da parte del nuovo corpo diplomatico. Insieme ad altri connazionali, si è trovata a vivere sospesa in un limbo finché, a novembre 2021, le è stato consigliato di rivolgersi all’Ambasciata di Bruxelles o Parigi. “Nonostante fossi reduce da un ricovero in ospedale, decisi di partire alla volta di Parigi. Lasciai in sospeso impegni universitari e affrontai spese esose perché mi sentivo con l’acqua alla gola” prosegue la giovane somala che, nonostante le domande inopportune postele, aveva creduto di aver risolto il suo problema.

E invece non è stato così: dopo aver eseguito la procedura burocratica, effettuati i pagamenti anche per ricevere il passaporto presso la sua residenza, a Cutro, sono trascorsi mesi senza alcuna notizia, finché non è scoppiata la guerra in Ucraina. “Inizialmente – spiega – pensai che il ritardo della consegna del passaporto fosse causato dal conflitto che stava bloccando il mondo intero, ma dopo ripetute chiamate all’Ambasciata somala di Parigi, è arrivata la doccia fredda: non mi concedevano il passaporto”. “Sei troppo bianca, non parli somalo, porti il cognome di tua madre, non indossi il velo” sono soltanto alcune delle assurde motivazioni datele, per giunta senza mai rilasciare un documento che attestasse il rigetto della domanda. “In realtà – precisa Iman – non parlo somalo perché lì sono soltanto nata e mai più tornata, ho imparato a dire le prime parole in italiano e ho frequentato tutti i cicli d’istruzione in Italia. Non ho mai indossato il velo, sul passaporto precedente l’avevo messo per rispetto dell’istituzione, ma quando mi è stata scattata la foto per il nuovo documento mi dissero che non era obbligatorio e non lo misi”.

Tante sono le incongruenze che, tuttora, costringono la giovane studentessa a sentirsi “irregolare”, seppur con i documenti italiani. Da ciò derivano innumerevoli conseguenze per il prosieguo degli studi universitari, l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale, la libera circolazione in Europa, l’eventuale contratto di lavoro. “È un’ingiustizia. Sto rinunciando a occasioni formative e lavorative che, tra l’altro, mi permetterebbero di raggiungere la soglia minima di reddito richiesta per avviare l’iter per ottenere la cittadinanza italiana” afferma confessando la paura di non riuscire a portare a termine gli ultimi esami che la separano dal sogno della laurea. Da sempre sostenuta dalla madre, non si è mai arresa: si è affidata a un avvocato accedendo al gratuito patrocinio, ha scritto una lettera al Presidente Mattarella, si è rivolta alla Questura di Crotone che, a quanto pare, sta sollecitando la pratica a livello ministeriale, ma non può fare altro. Frattanto, l’Ambasciata somala di Roma è tornata operativa, ma la risposta è stata: “Ormai sei nel database di Parigi”. È disperata Iman che, al momento, ha trovato l’unica ancora di salvezza nella ricevuta che attesta il pagamento effettuato per ottenere il rilascio del documento: “Esibisco questa cedolina all’università, per il rinnovo del libretto sanitario, agli eventuali posti di controllo, ma non sarà valida all’infinito” conclude chiedendo aiuto per vedere riconosciuto un suo diritto, per vivere serenamente nel Paese a cui sente di appartenere.

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