È sabato 18 marzo quando a Milano il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini incontra uno degli animatori della pagina social “MilanoBellaDaDio” che da mesi impazza pubblicando video e foto di presunte borseggiatrici in azione nella metro di Milano.

Sono trascorsi meno di sette giorni dalla polemica della settimana scatenata dalla destra politica e mediatica in seguito alle dichiarazioni della consigliera comunale Pd di Milano, Monica Romano, che aveva invitato i cittadini a non filmare bensì a denunciare gli eventuali reati alle forze dell’ordine.

“Onore a chi non si gira dall’altra parte” – pare abbia dichiarato Salvini. Che, come tutti a destra, descrive alla stregua di eroi civili coloro che filmano e pubblicano online i video delle presunte borseggiatrici perché, così agendo, permetterebbero ai cittadini di “essere messi a conoscenza di quanto può accader loro” (Giambruno dixit) e di proteggersi dai delinquenti.

Bene. Chi ruba è un criminale e pertanto va segnalato all’attenzione dei cittadini che si devono poter tutelare. Questa la ratio perorata dalla destra politica e mediatica. Lanciamo allora una sfida al governo Meloni: pubblichiamo gli elenchi con i nomi e i cognomi degli evasori fiscali che ogni anno rubano agli italiani più di 100 miliardi di euro? Segnaliamo i criminali, i ladri e i farabutti ai cittadini, di modo che tutti possiamo esserne a conoscenza e difenderci?

È quanto già succede nella maggioranza dei Paesi Ue: ben 16 su 27. In Irlanda è dal 1997 che è in vigore il “name and shame. In Germania sulle bacheche degli aeroporti si possono trovare addirittura le foto di chi ha evaso il fisco.

Quando mi è capitato di avanzare una proposta del genere in tv, la risposta che ho ricevuto da Andrea Giambruno, conduttore televisivo sulle reti Mediaset e compagno di vita di Giorgia Meloni, è stata: “Questa è gogna mediatica”. Capito? Pubblicare video di presunte borseggiatrici, con i volti in chiaro, è auto-difesa e finanche giustizia. Pubblicare i nomi degli evasori fiscali, al contrario, è “gogna”.

Giambruno con le sue parole spiega bene come funziona il potere mediatico: sempre pronto a usare la clava contro i poveracci e, al contrario, a inginocchiarsi dinanzi ai potenti. A maggior ragione se sei nella tv fondata da un uomo condannato in via definitiva a quattro anni per frode fiscale e se l’estrema destra al governo ha da poco varato ben dodici condoni diversi.

Il potere mediatico ha un’enorme responsabilità: è l’attore chiave che crea la percezione di sicurezza e insicurezza. Concentrando tutta la sua potenza di fuoco su migranti, rom e “furbetti” del reddito di cittadinanza costruisce il nemico interno. Lasciando puntualmente tranquilli, invece, Pinault e la maxi-evasione da 1,5 miliardi di euro Auchan, Carrefour e gli 1,8 miliardi di euro di fatture false (cui va aggiunta l’evasione Iva di 260 milioni), le società “estero-vestite” e chiunque in questo Paese si prodighi nel corrompere, frodare ed evadere.

Ma lo strabismo – o meglio il classismo – del potere mediatico è in buona compagnia. Lo stesso potere giudiziario è un sistema a due velocità: nelle carceri italiane il 30% dei detenuti è dentro per reati dovuti agli stupefacenti (in Francia il 16% e in Germania il 13%); meno dell’1%, invece, per reati economici e/o finanziari (corruzione, peculato, truffe, frodi fiscali, ecc.). A meno di voler credere che l’Italia sia allo stesso tempo una sorta di Colombia di Pablo Escobar e il Paese in cui i “colletti bianchi” sono più ligi alle regole bisogna ammettere che c’è un problema.

È un Paese, l’Italia, spietato con i deboli e assai misericordioso con gli evasori. Che, intanto, continuano a rubare indisturbati dalle tasche dei cittadini senza che il governo muova un dito.

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