Nicole ha 12 anni e soffre di una malattia che l’ha spinta addirittura a scrivere ed incontrare la premier Giorgia Meloni per chiederle di essere aiutata a guarire. Nicole soffre della sindrome di Pandas, un disturbo neuropsichiatrico molto raro e non riconosciuto in Italia. Una sindrome molto difficile da diagnosticare e su cui si sono sviluppate molte ipotesi, tutte ancora da dimostrare. Con il termine PANDAS, acronimo inglese che sta per Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with Streptococcal Infections, si intende una serie di disturbi neuropsichiatrici pediatrici autoimmuni associati a infezioni Streptococciche, soprattutto da Streptococco beta-emolitico gruppo A (SBEGA – Streptococcus pyogenes).

I sintomi sono la comparsa acuta di tic e/o di sintomi ossessivo-compulsivo che può accompagnarsi a:

alterazioni dell’umore;
ansia da separazione;
disturbi del sonno (difficoltà nell’addormentamento, risvegli notturni, enuresi);
facile irritabilità, eccesso di movimenti (ipercinesia);
peggioramento del profitto scolastico;
difficoltà nella scrittura.

“Ma l’associazione di questa sindrome a infezioni streptococciche è solo una suggestione”, ci spiega il professor Stefano Vicari ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica e primario al Bambino Gesù di Roma. “Per esempio, gli esami del sangue che sono disponibili al momento non possono confermare questo tipo di malattia, non c’è nessun indice che ci permetta di fare diagnosi di Pandas”.

Consideriamo che la terapia antibiotica per il trattamento dell’infezione in atto da SBEGA (vedi sopra, ndr) rappresenta la principale cura. Ma fare lunghi cicli di terapia antibiotica non è considerato efficace e non ha una solidità scientifica nell’affrontare quei sintomi neuropsichiatrici. Proprio questa serie di difficoltà diagnostiche e terapeutiche ha fatto sì che il concetto di sindrome di Pandas sia stato modificato nel tempo formulando dapprima una nuova condizione di malattia più inclusiva di nome PANS, acronimo che sta per l’inglese Pediatric Acute-Onset Neuropsychiatric Syndrome, ovvero Sindrome neuropsichiatrica a esordio acuto in età pediatrica. I criteri diagnostici vanno dalla comparsa improvvisa e drammatica di disturbi ossessivo-compulsivi o disturbi del comportamento alimentare di tipo restrittivo e presenza di altri sintomi come ansia, squilibrio emotivo. Dai Pans si è arrivati infine a coniare l’acronimo CANS, dall’inglese Childhood Acute Neuropsychiatric Syndrome (Sindrome neuropsichiatrica ad esordio acuto dell’infanzia). Proponendo come criteri per la diagnosi, innanzitutto la presenza di disturbi ossessivo-compulsivi e, in seconda battuta, l’insorgenza di ansia, psicosi, regressione dello sviluppo, ipersensibilità agli stimoli sensoriali, labilità emotiva, tic, ecc. Insomma, siamo di fronte a un ginepraio di fenomeni che pongono molte difficoltà oggettive anche solo per definire se siamo di fronte a una specifica patologia. “Insisto nel sottolineare quanto sia difficile accogliere come entità di malattia quella che nasce come suggestione”, continua Vicari, “ma è bene parlarne perché molti pediatri o neuropsichiatri seguono questa suggestione che, allo stato attuale, non ha evidenze scientifiche”.

Che fare allora, di fronte a un bambino che presenta tic o altri comportamenti disfunzionali? “Questi sintomi rappresentano di fatto un disturbo neuropsichiatrico. E in questi casi occorre rivolgersi prima al pediatra curante, per poi orientarsi sulle cure di uno specialista di neuropsichiatria infantile, con provata esperienza, come nei centri qualificati di riferimento regionale che seguono le linee guida sanitarie ufficiali. Molti genitori inorridiscono di fronte alla prescrizione di farmaci per curare dei tic, ma sarebbe peggio seguire una cura antibiotica. Inoltre, nelle forme di tic che non sono invalidanti e che possono essere transitori e di recente insorgenza, si può avere una politica attendista”, conclude Vicari, “ma se i tic durano mesi e sono invalidanti, come in alcuni pazienti che non riescono a mangiare o a scrivere, la cura più efficace è quella farmacologica”.

La replica del professor Alberto Spalice, Neurologo, Professore ordinario Policlinico Umberto I, area materno infantile pediatrica

Professor Spalice, nonostante non ci sia una posizione ufficiale, lei sostiene che esiste una relazione tra Pandas e infezioni Streptococciche.

“Sì, posso segnalare un’importante pubblicazione, quella del dottor Pittenger del 2020 e uno studio longitudinale danese del 2017, che ha rilevato, su una popolazione di più di un milione di pazienti, una chiara relazione fra infezioni streptococciche e disturbi neuropsichiatrici”.

Viene messa in dubbio anche la terapia antibiotica.

“Anche se non sono molti gli studi sugli effetti degli antibiotici, vale la pensa segnalare quello sulla penicillina, del 1999, e altri a cura della dottoressa Murphy sull’efficacia dell’azitromicina, e una ricerca italiana, del 2018, che ha evidenziato l’efficacia della penicillina e di altri antibiotici”.

Che cos’è emerso dalla sua esperienza clinica?

“La maggior parte dei bambini diagnosticati risponde bene alla terapia antibiotica, associata, in caso di ricaduta, a un eventuale antinfiammatorio steroideo o meno. La terapia cognitivo comportamentale è da intraprendere sempre, ed è spesso altrettanto utile poiché aiuta il bambino a evitare eventuali crisi, soprattutto in caso di disturbo ossessivo-compulsivo. Le ricadute, nonostante la terapia, sono all’ordine del giorno nel primo anno e mezzo dalla diagnosi, anche se si rivelano meno importanti e più rare rispetto all’esordio. In seguito, assistiamo a un netto miglioramento nel caso in cui le infezioni non siano state importanti nell’ultimo anno; e a una regressione dei sintomi a partire dall’età puberale in poi”.

Come possono orientarsi i genitori con un figlio che presenta questa sindrome?

“I genitori possono contattare l’associazione Pandas Italia Odv per ottenere riferimenti di medici che da anni valutano i casi sospetti”.

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