Più dura della guerra, più forte dell’inflazione. Brembo, la multinazionale italiana del freno, ha chiuso l’esercizio 2022 con il miglior bilancio della propria storia: “Tutti i segmenti di riferimento (moto, auto, veicoli commerciali e competizioni, ndr) in cui operiamo hanno contribuito a questo risultato”, ha sintetizzato Matteo Tiraboschi, presidente esecutivo della società. “Un traguardo raggiunto pur nelle complessità di un anno caratterizzato in particolare dalle conseguenze della guerra in Ucraina e dal perdurare di dinamiche inflazionistiche sui mercati delle materie prime”, ha precisato. Il 2023 è cominciato bene tanto che, salvo significative modifiche della situazione geopolitica e macroeconomica, Brembo si attende un’ulteriore crescita, questa volta “solo” attorno al 5%.

La doppia cifra ha caratterizzato l’esercizio scorso: fra gli altri indicatori almeno socialemente positivi c’è l’aumento dell’occupazione con quasi 1.370 addetti in più, su un totale a fine anno vicinissimo a quota 15.000. Il personale ha però inciso percentualmente in meno sui costi: il 17% contro il 18,2% del 2021.

L’avanzata di Brembo è stata sostanzialmente globale, con pochissime eccezioni. Una è quella del Regno Unito, dove la contrazione dei ricavi è stata marginale (1,8%), l’altra è quella del Giappone, dove la flessione ha sfiorato il 10%, ma dove è poco significativo il giro d’affari, lo 0,6% del totale. L’amministratore delegato, Daniele Schillaci, conosce il paese perché ha lavorato per anni in Nissan, ma il mercato è difficile e ruota attorno alla filiera nazionale.

“In termini di ricavi, margini e utile netto, abbiamo registrato i valori più alti di sempre nella storia dell’azienda”, ha insistito Tiraboschi. Il fatturato è stato di 3,629 miliardi di euro (+30,7%, che scende a +25,1% a parità di cambi), i margini del 10,5% a 383 milioni e l’utile netto di 293 milioni, lievitato del 36%.

All’assemblea degli azionisti che si riunirà il prossimo 20 aprile, tra le altre cose il Consiglio di Amministrazione proporrà sia l’aumento di un cent del dividendo, che passerebbe da 0,27 a 0,28 euro, sia la possibilità di riacquisto di titoli propri fino a un massimo di 144 milioni di euro perché Brembo controlla appena il 3,005% del capitale. A 82 anni, per il patron e fondatore della società Alberto Bombassei (oggi presidente emerito), un bilancio così è di quelli che valgono una vita.

Anche perché è stato spinto dalle acquisizioni – evidentemente oculate – della danese SBS e della spagnola J. Juan, entrambe impegnate nel comparto delle due ruote, la prima delle pastiglie, la seconda dei tubi in treccia.

Il più grande mercato europeo, la Germania, ha rappresentato poco meno di 670 milioni di fatturato, mentre il Nord America (Stati Uniti, Canada e Messico) vale da solo quasi un terzo dei volumi (28%), con un oltre un miliardo di ricavi. In India, una delle nazioni su cui puntano molti costruttori, le vendite sono cresciute del 40%. In Italia Brembo contabilizzato ricavi per 355 milioni (quasi il 10% del totale), in aumento del 10,5%.

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