Urne aperte in Nigeria, il Paese più popoloso e l’economia più grande dell’Africa con 206 milioni di abitanti e il più ricco di riserve petrolifere del continente, visto che ammontano a circa 37 miliardi di barili di greggio. Gli equilibri di questa gigantesca nazione, popolata da 250-300 gruppi etnici diversi, divisa a metà tra cristiani e musulmani, interessano le grandi potenze. Le relazioni tra Abuja e Pechino sono cresciute in maniera significativa e la Nigeria è diventato il primo partner strategico della Cina al di fuori dell’Asia. I rapporti con Washington, che ha fornito ingenti aiuti militari, sono buoni e le forze armate nigeriane prendono regolarmente parte ad esercitazioni bilaterali e multilaterali con quelle statunitensi.

La Nigeria è una repubblica presidenziale e 18 candidati prenderanno parte alla sfida per l’incarico più prestigioso del Paese. Solamente tre, però, hanno possibilità di farcela. Si tratta di Bola Ahmed Tinubu, esponente del movimento di centro sinistra All Progressive Congress (Apc), di Atiku Abubakar, membro del conservatore People’s Democratic Party (Pdp) e di Peter Obi, uomo del socialdemocratico Labour Party. Tutte le elezioni svoltesi dal ritorno della democrazia nel 1999 ad oggi si sono concluse con la vittoria dell’Apc, di cui fa parte anche il Capo di Stato uscente Muhammadu Buhari o del Pdp. Questa volta il sistema bipartitico potrebbe essere spezzato da Obi, che gode di un vasto seguito tra i giovani e sui social media. Obi è noto per la sua integrità mentre Tinubu ed Abubakar sono stati accusati di corruzione e nepotismo. Obi è considerato carismatico, pieno di energia, umile ed è molto attivo sui social media. Bisognerà vedere, però, se il suo dinamismo riuscirà a scardinare il sistema e ad affrontare i problemi che gli si porranno di fronte.

Il terrorismo islamico – La stabilità della Nigeria è messa a rischio dalle attività di Boko Haram, uno dei gruppi islamisti più grandi dell’Africa, che dal 2011 conduce attacchi terroristici contro civili, membri delle forze dell’ordine e gruppi religiosi. Le azioni di Boko Haram, che negli ultimi anni sono state contenute allo Stato settentrionale del Borneo e si sono ridotte di intensità, hanno provocato decine di migliaia di morti e costretto oltre due milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Nella Nigeria sud-orientale sono attivi gruppi di separatisti del Biafra, che vorrebbero la creazione di uno Stato indipendente e accusano il governo centrale di aver marginalizzato la regione.

La corruzione – La Nigeria è agli ultimi posti nella classifica di Transparency International che monitora la diffusione del malaffare nel mondo e la corruzione, che è una piaga endemica, ha effetti nefasti sulla crescita. I tentativi fatti dalla presidenza Buhari per tenerla sotto controllo hanno avuto un successo limitato. Obi, che è in testa nei sondaggi mentre al secondo posto c’è Tinubu ed al terzo Abubakar, ha descritto la Nigeria come “una nazione fallita” ed ha promesso di impegnarsi in chiave anti corruzione. Anche gli altri candidati hanno fatto promesse simili ma gli elettori sembrano credere maggiormente a quanto affermato da Obi, secondo cui è necessario “un cambio della leadership politica per uscire dalla condizione di sottosviluppo e miseria”.

La povertà – Quattro nigeriani su dieci, poi, secondo le ultime stime della Banca Mondiale, vivono sotto la soglia di povertà e nelle regioni settentrionali buona parte della popolazione non ha accesso all’educazione ed ai servizi di base come l’acqua potabile e l’elettricità. I cambiamenti climatici, i conflitti e la pandemia di Covid-19 hanno colpito in maniera sproporzionata i nigeriani più poveri. Molte famiglie hanno dovuto risparmiare sul cibo per necessità, visto lo scarso supporto fornito dal governo. Negli ultimi mesi la Nigeria è stata inoltre colpita dalla mancanza di carburante, con enormi file fuori dalle pompe di benzina e dai bancomat, a causa di un caotico piano di sostituzione delle vecchie banconote circolanti per ridurre l’inflazione e il riciclaggio. In molti hanno cercato di ovviare all’assenza di valuta rivolgendosi ai sistemi di pagamento online che, però, sono andati in blackout visto l’eccessivo numero di richieste.

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