“Abbiamo un contratto regolarmente stipulato, aspettiamo la sentenza finale”. Lo diceva a ilFattoQuotidiano.it Flavio Roda, presidente della Fisi, lo scorso 11 ottobre, al Teatro Armani. Intanto, però, sulla “vicenda delle divise” è arrivata la prima sentenza. Il Tribunale di Milano, settima sezione civile, condanna la Federazione italiana sport invernali ad “adempiere al contratto di fornitura e sponsorizzazione” concluso con BasicItalia. Tradotto: la FederSci, i suoi lavoratori e, soprattutto, gli atleti e le atlete dovranno vestire, da qui a Cortina 2026, le tute di Kappa. In più inibisce alla Fisi “l’utilizzo, nella propria attività agonistica (sia in gara sia in allenamento) e mediatica, di articoli di abbigliamento che rechino marchi diversi da quelli indicati nel contratto”. Tradotto, anche qui: non potranno indossare i capi EA7 (Armani) usati fin dall’inizio della stagione 2022/2023.

LA STORIA – Ma andiamo con ordine. Dal 2011 lo sponsor tecnico della Fisi è Kappa (il proprietario è BasicItalia). Nel 2017 le due parti rinnovano il contratto, per cinque anni, inserendo il diritto di prelazione in favore di Kappa. A maggio dello scorso anno la Giorgio Armani spa si fa avanti con la propria proposta di sponsorizzazione, Fisi comunica a BasicItalia di aver ricevuto l’offerta e quest’ultima la pareggia, facendo valere il diritto di prelazione. A questo punto però Fisi definisce “non esaustive” le condizioni contrattuali, presentando a BasicItalia, contestualmente, un documento integrativo con ulteriori condizioni, ritenute “estranee” dall’azienda. Tra queste condizioni, si legge: “La richiesta del riconoscimento, da parte di BasicItalia, di un ulteriore contributo variabile – da aggiungersi al contributo fisso di un milione di euro – dapprima pari a 500mila euro per poi divenire una sorta di minimo garantito indipendentemente dai risultati ottenuti dagli atleti”. Da lì si apre il contenzioso legale, con un primo tentativo di Basic di correre ai ripari (con domanda cautelare ex articolo 700 cpc, accolta dai giudici in sede di reclamo). E con un passaggio, degno di nota, riportato anche nel dispositivo di oggi firmato dal giudice Federico Salmeri: quando Fisi si presenta di fronte al giudice per il reclamo, l’8 luglio, nega di aver stipulato il contratto con Armani che, tuttavia, reca la data del 27 giugno.

COSA SUCCEDE ORA – Sia come sia, dopo la sentenza di oggi è lecito aspettarsi il ricorso da parte della Federazione (rappresentata dall’avvocato Giovanni Diotallevi) che, va detto, ha preteso – per alcuni ritardi nella consegna delle forniture nella stagione 2021/2022 – un risarcimento di 12 milioni di euro. Cifra definita dai giudici “esorbitante” che “appare avanzata più a effetto che a sostegno di un danno effettivamente subito” e “senza la benché minima deduzione in ordine alla effettiva sussistenza di un danno e alle modalità della sua quantificazione”.

Come detto, la Fisi è obbligata a tornare ai capi firmati da Kappa ma, dando per scontato l’appello, prima che qualcosa cambi è possibile che si debba aspettare il terzo grado di giudizio. In altre parole: la Federazione continuerà a vestire staff e atleti con le divise EA7. A meno che – ed è un’ipotesi in campo – Fisi e BasicItalia non trovino un accordo già a partire dalla prossima stagione invernale (non semplice, visto che nell’ultimo comunicato stampa BasicItalia assicurava che “continueremo a fare tutto il possibile affinché gli atleti della riprendano ad allenarsi e a gareggiare con i nostri prodotti). A quel punto, però, Armani uscirebbe di scena soltanto dopo un anno di sponsorizzazione, a seguito di un contratto – regolare – firmato per quattro anni, fino alle Olimpiadi di casa. Possibile, quindi, che vi rinunci? Come se non bastasse, il prossimo 15 giugno il Tar deciderà se la candidatura di Flavio Roda alla guida della Fisi fosse legittima. Roda, infatti, è stato eletto per la quarta volta consecutiva, quando la legge dello Stato italiano fissa il limite a tre mandati.

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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