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Liliana Resinovich, la Procura di Trieste chiederà l’archiviazione dell’inchiesta: “La sola ricostruzione possibile è che si è uccisa”

Il procuratore De Nicolo: "Indagini scrupolose e senza risparmio di energie, ma non è emersa alcuna ipotesi di reato con un minimo di concretezza". Restano stranezze e aspetti insoluti. I legali del fratello della vittima annunciano opposizione, quelli del marito Sebastiano Visintin valuteranno le motivazioni dei magistrati
Liliana Resinovich, la Procura di Trieste chiederà l’archiviazione dell’inchiesta: “La sola ricostruzione possibile è che si è uccisa”
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La Procura di Trieste ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa e trovata morta nel gennaio 2022. “Nulla è stato trascurato”, ha spiegano in una nota il procuratore Antonio De Nicolo, tuttavia dalle indagini “scrupolosamente condotte” dalla squadra mobile della polizia per oltre un anno “senza risparmio di energie” e coordinate dalla pm Maddalena Chiergia “non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile”. Le parole per il comunicato sono selezionate con cura dalla Procura e la conclusione è quella che si capisce: la “sola ricostruzione” possibile è che Liliana Resinovich si è “intenzionalmente allontanata” da casa e “altrettanto intenzionalmente” ha posto fine alla sua vita.

Liliana Resinovich si è uccisa e porta con sé nella tomba una serie di elementi che forse sono giudiziariamente insignificanti, come scrive De Nicolo, ma che hanno reso misteriosa questa vicenda con addentellati di stranezze, qualche negligenza, gole profonde e polemiche che hanno fomentato quello che De Nicolo oggi definisce “gorgo mediatico“. A 63 anni Liliana è uscita di casa la mattina del 14 dicembre 2021 e non si è più vista fino al 5 gennaio quando in un boschetto poco distante da casa è stato trovato il suo corpo. Suicidatasi con modalità quanto meno inusuali: infilando la testa in due sacchetti di plastica stretti intorno al collo e il corpo in due sacchi di quelli neri per i rifiuti, uno dall’alto, uno dal basso. Nulla è emerso dall’esame dei suoi due cellulari, nulla dai confronti tra investigatori e marito, Sebastiano Visintin, e il presunto amante, Claudio Sterpin, atletico ottuagenario, e altri. Soprattutto, nulla di strano è stato evidenziato dai numerosi esami effettuati: tossicologici, tac, radiografie, perizie medico legali. A dispetto di tanta meticolosità, più interrogativi restano senza risposta, come la data della morte e dove Liliana sia stata per venti giorni. Domande cui la Procura non è tenuta a rispondere, una volta esclusi coinvolgimenti di terzi e reati. Come è ben precisato nel comunicato.

Elementi che invece sono importanti per il fratello di Liliana, Sergio, che ribadisce come un mantra lo stesso concetto: “Mia sorella è stata uccisa“, “ci opporremo alla richiesta di archiviazione”. Si rimettono alla lettura delle “carte” invece Alice e Paolo Bevilacqua, legali di Sebastiano Visintin, marito di Liliana, parte offesa. Anche lui, Visintin, è rassegnato: “Non è la fine di un incubo, è la continuazione di una vita senza Liliana“. Intorno a lui si erano addensati sospetti, mai solidificatisi in prove. “Fa veramente male per un marito sapere che la moglie si è suicidata”, ha detto oggi, e ancor di più non capire perché “sia arrivata a questa conclusione… se è così”.

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