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Nomophobia, cos’è la nuova paura di rimanere sconnessi che colpisce soprattutto i ragazzi

A lanciare l’allarme con un nuovo rapporto sistematico, intitolato “I giovani e l’utilizzo delle tecnologie”, è il Corecom (Comitato Regionale per le Comunicazioni) Lombardia- organo di governo, garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale lombardo

di 30science per Il Fatto

Tra i rischi che si corrono con l’abuso dei mezzi tecnologici contemporanei, spunta una vera e propria fobia: la nomophobia, la paura di rimanere sconnessi dalla Rete con conseguenti stati ansiosi. A lanciare l’allarme con un nuovo rapporto sistematico, intitolato “I giovani e l’utilizzo delle tecnologie”, è il Corecom (Comitato Regionale per le Comunicazioni) Lombardia- organo di governo, garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale lombardo – che ha lavorato alla ricerca alla base dello studio in collaborazione con PoliS-Lombardia e con l’Università degli Studi di Milano Bicocca. “Negli ultimi decenni – ha spiegato Marianna Sala, presidente del Corecom Lombardia – il progressivo incremento nella pervasività di utilizzo dei dispositivi tecnologici ha fatto emergere interrogativi su come la digitalizzazione impatterà sulla società nel medio e nel lungo termine.

Ed è proprio da questi interrogativi che è nata l’esigenza, da parte del Corecom Lombardia, di promuovere questa indagine sistematica e multidisciplinare dalla quale si evince che un uso scorretto e prolungato della rete può portare, soprattutto negli adolescenti, a manifestazioni psichiatriche e vere proprie patologie, come depressione, problemi legati al sonno, comportamenti antisociali e disturbi dell’alimentazione, fino ad arrivare ad una vera e propria dipendenza”. Non è solo la nomophobia a preoccupare ma tutta una gamma di dipendenze che vanno da quella di essere online per giocare ai videogiochi sino a quella da Social Network o Social Media, che porta alla necessità incontrollabile di veicolare i propri contenuti e la propria vita verso terze persone. Il rapporto si è anche occupato dell’ impatto dell’utilizzo dello smartphone e di altri dispositivi digitali sull’apprendimento, segnalando che il tempo trascorso davanti allo schermo può avere un impatto negativo sul rendimento scolastico, principalmente perché riduce il tempo che i giovani dedicano ad attività culturalmente rilevanti, come lo studio e la lettura, o che sono essenziali per il benessere psico-fisico, come il sonno e l’interazione sociale.

Inoltre, rispetto ai media tradizionali, gli smartphone sono una fonte di distrazione più pervasiva, perché frammentano l’attenzione con una serie di stimoli basati su feedback istantanei, notifiche e ricompense immediate. L’uso dello smartphone risulta invece positivo quando utilizzato per specifici obiettivi didattici e legato a specifici indicatori di apprendimento, soprattutto se sotto la guida dell’insegnante. Pro e contro che devono essere analizzati con la maggiore ampiezza di vedute possibile e soprattutto con il maggior contributo di dati e di interpretazioni qualificate. Da qui la decisione del rapporto di dedicare un ampio spazio alle risultanze delle interviste somministrate a esperti di settore nell’ambito di diverse discipline: sociologi, neurologi, psicologi, pediatri, esperti in ambito di comunicazione e media.

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