Dal primo gennaio al 30 giugno 2022 il ministero dell’Interno ha registrato oltre 9mila denunce di persone scomparse, mediamente 53 al giorno. Due volte su tre si tratta di un minorenne. E sempre secondo i dati del Report semestrale, a venire ritrovata è una persona su due, il 52,3%, una percentuale in crescita da qualche anno ma ancora troppo bassa. Per aumentare l’efficacia delle indagini e la probabilità di ritrovamento, nelle complesse attività di ricerca le autorità investigative collaborano anche con i servizi di intelligence informatica che si occupano di big data e della raccolta di tutte le tracce che una persona dissemina per la rete fino alla sua scomparsa. Tra le varie discipline c’è l’OSInt (Open Source Intelligence) che passa al setaccio tutti quei dati che sono consultabili pubblicamente online.

“Le attività social del soggetto, ma anche gli account collegati allo stesso indirizzo mail, gli appuntamenti presi via Internet ed eventuali furti di dati finiti nel dark web” spiega Mirko Lapi, presidente di OsintItalia Aps, un’associazione che promuove l’utilizzo dell’OSInt per affrontare problemi sociali come il cyberbullismo, il revenge porn, la disinformazione e, appunto, la scomparsa delle persone: “Il web è un dove siamo sommersi di informazioni, ma per le investigazioni è anche una miniera d’oro che può avere un ruolo determinante”, continua Lapi, che definisce la sua associazione “i volontari virtuali a fianco delle autorità competenti” il cui scopo è “scrutare nel modo più complesso possibile” la rete per “trovare quello che è utile ai fini delle ricerche”.

Qualche settimana fa OSInt Italia si è occupata della scomparsa di alcuni cittadini americani e canadesi partecipando alla competizione mondiale organizzata da Trace Labs, una no-profit attiva nel campo dell’OsInt per le persone scomparse. Una gara annuale in cui le associazioni partecipanti devono recuperare più dati aperti possibili – e quindi possibili nuove informazioni – riguardo a soggetti che le autorità competenti stanno realmente cercando. Tra le circa 200 squadre da tutto il mondo, il risultato migliore è stato prodotto proprio da un team di OSInt Italia. “Di ogni caso ci vengono fornite le informazioni biografiche di base: nome, altezza, lavoro, ultimo avvistamento. Da lì inizia la nostra ricerca” racconta Luca Romano, che insieme a Gabriele Orini, Antonio Rossi e Mattia Vicenzi – tutti informatici under 30 – ha fatto parte della squadra vincitrice.

Le ricerche attraverso il web vengono condotte, spiega Romano, utilizzando più approcci: “Incrociamo i risultati dei motori di ricerca con query specifiche, oppure indaghiamo intorno ai social della persona scomparsa, gli ultimi post pubblicati, la rete di amici”, fino a utilizzare strumenti più sofisticati: “Grazie a delle piattaforme da un username Twitter si può risalire a una lista di altri account riconducibili a quel profilo, e vedere dove portano. Oppure verificare se il numero di cellulare è ancora attivo. Ancora, è possibile ottenere dati dai provider di posta elettronica per controllare gli ultimi accessi all’indirizzo mail”. L’OSInt passa al vaglio anche il dark web, per verificare se il soggetto ricercato non abbia subito furti di dati poi diffusi nel risvolto sommerso della rete: “Utilizziamo applicazioni, stringhe di codice e modelli booleani. Quando si parla di gara il nostro lavoro può sembrare un gioco, ma il contributo è reale perché quello che troviamo poi viene messo a disposizione delle indagini. Se si trovano delle informazioni postume alla scomparsa, quello diventa il successo più importante”, conclude Romano.

Le competizioni internazionali come quelle organizzate da Trace Labs sono spesso l’unica occasione che chi utilizza l’OSInt per il sociale ha di esprimere tutto il suo potenziale. Durante le indagini su un ragazzo americano scomparso da qualche giorno, i team di OSInt Italia hanno potuto risalire alle intestazioni degli edifici e alla sua patente di guida: “Negli Stati Uniti sono tutte informazioni tranquillamente consultabili online, basta trovare l’albo giusto”, spiega Mirko Lapi, “in Italia e in Europa invece è più complicato per via delle leggi sulla protezione della privacy”. In particolare, in Italia occorrono delle licenze investigative specifiche, mentre il Regolamento generale sulla protezione dei dati promulgato dall’Unione Europea nel 2018 limita di molto il tipo e la qualità di informazioni su una persona fisica a cui si può attingere liberamente e legalmente online. “Ma per fortuna esiste una legge così, che è fondamentale anche per regolamentare le attività di intelligence”, conclude Lapi, “e che ci dà l’assist per specializzarci anche su altri temi. Per esempio quelli delle truffe online e dell’hate speech, su cui teniamo corsi di formazione nelle scuole e che ci vede collaborare con le università. Pericoli forse meno eclatanti della scomparsa di una persona, ma che sono reali e sempre più diffusi”.

Articolo Precedente

Twitter, Musk smantella il comitato per la sicurezza del social ma espande la funzione di “fact checking” a tutti gli utenti

next
Articolo Successivo

Geekom Mini It11: il produttore cinese aggiorna il suo modello di punta con una Cpu Intel più performante

next