Le discussioni degli ultimi giorni sulla lotta alla evasione fiscale sono armi di distrazione di massa. Soprattutto quando a parlare è Bankitalia, ente pubblico controllato dalle banche private (serve altro?), che, colpita improvvisamente da un virus filantropico, attribuisce la crisi del paese alle manovre che aumentano il limite di utilizzo del contante o eliminano l’obbligo del pagamento con moneta elettronica.

E’ pura retorica finalizzata a nascondere il vero problema: la redditività delle banche. Con quelle manovre, i ricavi da servizi, che pesano circa il 70% sul fatturato complessivo delle banche, si riducono sensibilmente. Spostare, quindi, l’asse delle analisi delle crisi bancarie sui temi delle responsabilità politiche è strumentale o anche solamente semplicistico (non tutti nei media hanno le competenze per poterlo fare) per evitare di concentrare le attenzioni sulle vere cause del problema. Perché nessuno più delle banche sa dove si trova la vera, “grande”, evasione fiscale.

Eurispes stima che in Italia ci siano 250-270 miliardi di euro frutto di evasione fiscale. È così difficile capire dove siano? Perché se davvero si vuole fare la lotta alla “grande evasione fiscale”, così come dichiarato da Bankitalia, allora togliamoci la maschera e diciamo una volta per tutte dove si trovano i grandi patrimoni delle categorie “protette”, dei “privilegiati” tra cui, così come denunciato nel libro Io vi accuso (Chiarelettere), ci sono anche i rappresentanti del clero e la potente lobby dei commercianti cinesi. E soprattutto, senza filtri, chiariamo chi sono i complici! L’evasione fiscale sta nelle banche (anche) italiane, ma non si vede. O non si può vedere.

Caro governatore, chieda quindi ai suoi amatissimi tecnici come fa una banca a coprire la grande evasione fiscale delle categorie “protette”? Innanzitutto con le “cassette di sicurezza”, il prodotto bancario più venduto negli ultimi anni, un vero e proprio servizio di custodia offerto dagli istituti di credito a tutti i loro clienti; in pratica un contenitore, di diverse dimensioni, posizionato all’interno del caveau della banca dove poter depositare anche il denaro contante.

Quello che occorre sapere, a tal proposito, è che l’Agenzia delle Entrate, in un normale accertamento fiscale, non può chiedere l’apertura di una cassetta di sicurezza. Questo tipo di attività è effettuata solo quando vi sono importanti indizi di evasione fiscale o riciclaggio di denaro a carico del soggetto sottoposto a controllo. Ad esempio, in caso di accertamenti basati sul redditometro, oppure nel caso di accertamenti reddituali (su lavoratori autonomi o imprenditori), o in caso di una fattispecie di omessa dichiarazione dei redditi.

Vi assicuro che in 25 anni circa di management bancario carriera ho visto solo due volte aprire forzatamente una cassetta di sicurezza da un magistrato o dalla Guardia di Finanza. Ma forse il governatore ha anche dimenticato che le banche offrono un servizio chiamato “intestazione fiduciaria”. Che cosa sono di preciso? Sono delle società, di solito di diritto estero (Liechtenstein, Lussemburgo, ecc), che ogni gruppo bancario ha al suo interno, che garantiscono l’anonimato nei confronti di terzi e quindi anche del fisco. Tu cliente puoi cedere il patrimonio e scomparire facendo perdere le tracce. Un conto “fantasma” intestato alla fiduciaria con un numero segreto inaccessibile a tutti.

“È quello che desiderano i nostri clienti. E noi siamo lo schermo tra il loro patrimonio e terzi. La prudenza con cui rilasciamo informazioni, anche al nostro interno, garantisce discrezione assoluta per chi sceglie di affidarci i suoi beni”: con questo giro di parole, dolce e suadente, riportato sulle brochure di una grande banca del paese, le società fiduciarie aprono le porte ai correntisti che hanno soldi, titoli, beni immobili, partecipazioni societarie da distrarre o nascondere a parenti, fornitori, Stato e quindi al fisco.

Anche in questo caso, nonostante le banche al cliente spesso dicono che questi prodotti siano inattaccabili, un’indagine della magistratura potrebbe obbligare la banca a svelare i conti nascosti. Io so e ho le prove di quello che ho visto in quel sistema: il blocco di conti corrente ufficiali, quelli visibili, quelli la cui identità del legittimo proprietario è palese, ma di un trust mai. Ecco, se proprio Bankitalia vuole fare moral suasion sul governo proponga un intervento legislativo che possa permettere ad un magistrato che abbia un comprovato sospetto di evasione fiscale di poter richiedere più agevolmente il contenuto di queste scatole.

Perché non lo fanno? Perché se lo Stato attaccasse quei capitali con più costanza e decisione, essi migrerebbero all’estero. Si impoverirebbe, dunque, un asset determinante per la banca quale è quello della “raccolta”, un meccanismo di accumulo di denaro grazie al quale gli stessi istituti si reggono in piedi. Forse sono proprio questi ultimi, la più potente lobby del paese, a impedire che si indaghi; forse sono le banche, che in Italia manovrano il sistema politico e quello dei controlli, a mettere il veto sul controllo delle cassette di sicurezza e delle fiduciarie. In questi contenitori ci sono milioni e milioni di euro sommersi, il 70% della totale evasione fiscale del paese. Non quella del gestore del bar!

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