È passata in giudicato ed è definitiva da oggi l’assoluzione dell’ex pm di Torino Andrea Padalino che era imputato con rito abbreviato a Milano per corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio in un’inchiesta su presunti ‘favoritismi’ nella Procura piemontese. Il magistrato, difeso dall’avvocato Massimo Dinoia, era già stato assolto lo scorso gennaio in primo grado e oggi la Corte d’Appello milanese ha confermato l’assoluzione dichiarando inammissibile il ricorso della Procura. Ricorso che, infatti, come raramente accade (è successo di recente nel processo Eni-Shell/Nigeria), la Procura generale, col sostituto pg Gemma Gualdi, ha deciso di non portare avanti, con formale rinuncia, in secondo grado. Da qui la inammissibilità dell’impugnazione dei pm dichiarata dalla seconda Corte d’Appello (presidente del collegio Angela Fasano).
L’inchiesta, nella quale sono stati contestati, a vario titolo, anche i reati di falso e peculato nei confronti di altre persone, era stata trasferita in passato per competenza territoriale da Torino a Milano (sede giudiziaria che si occupa dei reati commessi da magistrati torinesi) dove è stata coordinata dagli aggiunti Eugenio Fusco e Laura Pedio.

Non “appare dimostrato”, aveva scritto il gup Carlo Ottone De Marchi nella sentenza di primo grado, “in capo al dott. Padalino (poi giudice a Vercelli, ndr) alcun atto in grado di integrare gli elementi” del “delitto di corruzione in atti giudiziari” e il quadro probatorio, al di là di “ogni considerazione e valutazione squisitamente morali o di opportunità, non appare in grado di attagliarsi” ai reati “contestati”. Un verdetto che era stato impugnato dalla Procura milanese (che aveva chiesto una condanna a 3 anni), ma che la Procura generale non ha ritenuto di dover sostenere in appello, condividendo di fatto le motivazioni dell’assoluzione. Per il giudice De Marchi non era “ravvisabile” nell’attività di “asserita consulenza legale” effettuata “dal dottor Padalino a beneficio” dell’amico ed ex finanziere Fabio Pettinicchio, “imputato all’epoca” in appello per sfruttamento della prostituzione, alcun “profilo di rilevanza penale, men che meno in termini” di corruzione in atti giudiziari. E non c’era la prova di “un accordo delittuoso avente ad oggetto, da un lato, l’illecita spendita di pareri e consulenze giuridiche e, dall’altro, l’offerta di utilità per l’accusa consistite in cene e soggiorni a titolo gratuito”. Il gup aveva condannato due degli imputati, mentre ne aveva assolti altri tre. Per altri imputati del secondo grado la Corte oggi ha rinviato l’udienza al prossimo 10 febbraio.

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