Il missile che il 15 novembre è caduto in territorio polacco ha dimostrato a tutto il mondo come anche un semplice incidente rischi di far precipitare un conflitto come quello in Ucraina trasformandolo in una guerra mondiale. Ma non solo. Ha mostrato a tutti i membri della Nato che all’interno del Patto Atlantico, oggi, convivono due posizioni ben diverse sul conflitto. La prima, quella tenuta dagli Stati Uniti e dalla maggior parte dei Paesi alleati, compresi numerosi Stati europei, tra i quali ha prevalso la prudenza e la necessità di verificare le effettive responsabilità dell’attacco. La seconda, quella tenuta dai Paesi Baltici che invece, mentre le verifiche erano ancora in corso, si appiattivano sulle posizioni di Volodymyr Zelensky chiedendo un rapido intervento Nato rischiando di allargare irrimediabilmente il conflitto senza che ve ne fosse ragione.

Mentre il mondo intero si stava ancora chiedendo se l’episodio potesse rappresentare la scintilla di un conflitto tra Russia e Nato, alcuni Paesi già si dichiaravano pronti a stare al fianco della Polonia “vittima dell’aggressione russa”. Messaggio arrivato, ad esempio, dal ministro degli Esteri dell’Estonia: “Le ultime notizie dalla Polonia suscitano grande preoccupazione – ha dichiarato nelle ore successive all’accaduto – Siamo in stretto contatto con la Polonia e altri alleati. L’Estonia è pronta a difendere ogni centimetro di territorio della Nato. Piena solidarietà al nostro stretto alleato, la Polonia”. Messaggio fotocopia a quello recapitato a Varsavia dal presidente della Lituania, Gitanas Nauseda: “Notizie preoccupanti stasera dalla Polonia, dove ci sono state almeno due esplosioni. Ci teniamo in stretto contatto con i nostri amici polacchi. La Lituania offre solidarietà alla Polonia. Ogni centimetro di territorio Nato dev’essere difeso”. Ancora più duro l’intervento del ministro della Difesa lettone, Artis Pabriks, che dopo aver fatto le proprie condoglianze per le due vittime di quello che, oggi, sembra essere stato un incidente ha attaccato direttamente Mosca: “Il regime criminale russo ha lanciato missili che hanno colpito non solo i civili ucraini, ma sono anche caduti sul territorio della Nato in Polonia. La Lettonia sostiene pienamente gli amici polacchi e condanna questo crimine”, ha scritto su Twitter.

Le ore successive all’episodio, però, hanno cambiato la prospettiva evitando l’escalation militare. Merito anche dei Paesi occidentali, Stati Uniti in primis. Mentre fonti dell’amministrazione di Washington rivelavano alla Cnn che l’Ucraina stava ammettendo al suo primo sostenitore l’errore commesso nel tentativo di arginare l’offensiva della Russia in diverse aree del Paese, Zelensky continuava a sostenere di avere le prove del coinvolgimento di Mosca, chiedendo così l’intervento militare dell’Alleanza. Richieste che Washington e gli altri Paesi a sostegno di Kiev hanno saggiamente messo in standby, in attesa di ricostruire l’accaduto.

Non tutti però. Perché proprio i Baltici, accomunati (come l’Ucraina) da un comune timore nei confronti del vicino russo, memori del recente passato sovietico, non hanno cambiato il tenore delle proprie dichiarazioni nemmeno dopo che sono iniziati a emergere dubbi sul reale coinvolgimento russo. Varsavia non aveva ancora annunciato la propria volontà di ricorrere all’articolo 4 del Trattato Nord Atlantico, ossia la richiesta di consultazione tra gli Stati membri riguardo alla violazione “dell’integrità territoriale, indipendenza politica o sicurezza di una delle parti”, che Vilnius stava già aumentando la pressione sugli alleati: la Lituania “sostiene la richiesta della Polonia di attivare l’articolo 4 del Trattato Nordatlantico”, aveva dichiarato il ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis pur ammettendo che “non siamo ancora in possesso di informazioni precise. Tra qualche ora avrà luogo a Bruxelles il consiglio degli ambasciatori dei Paesi Nato. Solo allora verrà presa una posizione ufficiale”. Nel frattempo, però, il suo Paese stava aumentando il livello di attenzione della propria Aeronautica militare “per poter reagire in caso di emergenza ed eseguire adeguatamente gli ordini impartiti”.

Meno netta la posizione della premier estone, Kaja Kallas, dopo i primi accertamenti che prendevano in considerazione l’errore commesso dagli ucraini, continuando comunque a puntare il dito contro Mosca: “Si tratta di un incidente grave. Le circostanze sono in corso di verifica, dobbiamo conoscere ulteriori dettagli. È chiaro che questo incidente non avrebbe mai avuto luogo senza una guerra su larga scala. L’unico colpevole di questa guerra è la Russia. La conclusione è che l’aggressore non si fermerà mai se non viene fermato. Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina, fornendo più supporto militare, più aiuti umanitari, più sostegno finanziario. Questa è la strada verso la pace”. Pace mantenuta grazie alla fermezza dei loro alleati.

Twitter: @GianniRosini

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