“Pronti a risollevare l’Italia” recitava il titolo del programma predisposto dalla premier Giorgia Meloni per le elezioni vinte il 25 settembre che le consentono, ora, di governarla. Ma quale è, nel concreto, la categoria di “sollevamento” a cui il governo in carica pensa di iscriversi? La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) approvata il 4 novembre scorso lo chiarisce con i numeri inequivoci che ho riportato nella prima tabella.

La Nadef 2022 rivista e integrata – rispetto a quella predisposta due mesi fa dal governo Draghi – contiene il quadro macroeconomico che espone l’evoluzione del Prodotto Interno lordo (Pil), dell’Occupazione e del Tasso di disoccupazione e distingue la loro evoluzione in tendenziale e programmatica. La differenza tra queste ultime due? La prima è una mera previsione statistica, la seconda considera anche gli effetti attesi dagli interventi decisi dal governo nella legge di bilancio. Il quadro programmatico, pertanto, rendiconta lo sforzo fatto dal governo per migliorare l’economia di solo mercato.

Quale, dunque, l’opzione adottata nella Nadef 2022 aggiornata e co-firmata dalla presidente del Consiglio Meloni e dal ministro dell’Economia e Finanze Giorgetti? Val la pena di ricordare che i numeri che fanno riferimento al biennio 2021-2022 sono “storici” (vale a dire già acquisiti e, in questo caso, ascrivibili al governo Draghi). E, poiché sono numeri consolidati, sono eguali sia nel quadro tendenziale che in quello programmatico. I numeri del triennio successivo, invece, sono quelli previsti su base meramente statistica (tendenziali) o quelli perseguiti dal governo Meloni (programmatici).

Per rispondere alla domanda precedente, giova considerare gli aspetti che emergono da un confronto tra il biennio “storico” e il triennio successivo e, all’interno di quest’ultimo, tra il quadro tendenziale e quello programmatico. In estrema sintesi, tali aspetti sono riconducibili a tre. Il primo di essi evidenzia che il “meglio” è già alle nostre spalle visto che la crescita economica (il Pil) maturata nel 2021 è stata pari al 6,7%, quella del 2022 sarà del 3,7% e, infine, che la quantità di Pil prodotta nell’intero triennio 2022-2025 si cifrerebbe nel 3,6% (nel quadro tendenziale) e nel 3,8% (in quello programmatico). Il secondo aspetto quantifica lo sforzo governativo di “sollevamento” dell’Italia: più 0,2% del Pil, ovvero 62 euro per italiano in ben 3 anni!!! Il terzo aspetto ne esplicita la conseguenza più dolorosa, ovvero l’assenza di benefici dal versante mercato/lavoristico, poiché non aumenterà il numero degli occupati e non diminuirà quello dei disoccupati e degli scoraggiati.

C’è di più (anzi di meno, con riferimento all’entità del peso sollevato). Il governo, infatti, ha deciso di tagliare la spesa pubblica in alcuni settori strategici e di diminuire le tasse al lavoro autonomo lasciando a quello dipendente e ai pensionati l’onore (onere?) di continuare a pagarle. Esempi eclatanti? Quelli documentati nella seconda tabella, ovvero:

1) il taglio del costo (e, dunque, del numero) dei dipendenti pubblici, che comporta un calo dei servizi erogati a cittadini e imprese;

2) la riduzione della spesa sanitaria, che non si concilia né con la promessa elettorale di assumere medici e operatori sanitari né con quella di estendere le prestazioni sanitarie esenti da ticket;

3) la diminuzione della spesa per le prestazioni sociali diverse dalla spesa pensionistica;

4) l’abbassamento delle imposte dirette e l’aumento notevole di quelle indirette (scelte che, come è noto, penalizzano le fasce di reddito più basse);

5) il calo delle imposte sul reddito di lavoro autonomo (con l’estensione della Flat Tax da 60mila a 100mila euro). Categoria di sollevamento: peso mosca leggero, peso paglia o… nessun peso?

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