La risposta del governo Meloni dopo lo strappo con la Francia sui migranti è affidata a una lettera congiunta con gli altri Paesi del Mediterraneo. Alla Commissione Ue è arrivata una dichiarazione congiunta, firmata dai ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e Grecia, i Paesi di primo ingresso in Europa dal Mediterraneo, nella quale si definisce “increscioso e deludente” il mancato rispetto degli accordi sulla relocation dopo gli arrivi perché “rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari”. Il meccanismo, aggiungono, si è dimostrato “lento” per alleviare la pressione sui Paesi “di prima linea”. E per questo chiedono una “discussione seria” anche sull’approdo delle navi delle Ong.

Discussione che potrebbe arrivare a fine novembre: a Bruxelles si sta facendo largo l’idea di riunione i ministri dell’Interno, e non solo i tecnici. “Una decisione in merito sarà presa la prossima settimana”, hanno spiegato fonti della presidenza. Ma intanto Parigi insiste con la sua linea contraria alle mosse del governo Meloni. In un’intervista a Le Parisien, la ministra degli Esteri Catherine Colonna ha parlato di “fortissima delusione” e “metodi inaccettabili”. Quanto alle relazioni con Roma, la responsabile del Quai d’Orsay afferma che “se l’Italia insiste con questo atteggiamento ci saranno conseguenze”.

“L’Italia, la Grecia, Malta e Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Ue – si legge nella nota – Abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri”.

Quindi il richiamo alla Dichiarazione Politica dello scorso 10 giugno con la quale è stato istituito un meccanismo di relocation temporaneo e volontario. Uno schema passato, viene sottolineato nella lettera, nonostante i Paesi Med5 “sostenessero la relocation obbligatoria”. E quindi ecco le critiche agli alti Paesi dell’Unione Europea: “Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno”. E il meccanismo, sottolineano, si è oltretutto “dimostrato lento” finendo per non “alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti”.

Tutto ciò – sostengono Italia, Grecia, Malta e Cipro – è “increscioso e deludente” in un momento “in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”. Quindi la lettera si concentra sul ruolo delle navi delle Ong: “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – conclude la nota -, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”.

Quindi Italia, Malta, Cipro e Grecia invitano le ong a “rispettare” la “cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue“. E, rivolgendosi di nuovo agli altri Paesi membri, chiedono che “ogni Stato” eserciti effettivamente “la giurisdizione e il controllo” sulle navi battenti la propria bandiera. I quattro Paesi, inoltre, ritengono “urgente e necessaria” una discussione sul “coordinamento delle Ong nel rispetto delle convenzioni” internazionali. “Tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali”, concludono invitando l’Ue ad adottare le misure per avviare la discussione. Da qui la possibilità di un vertice a fine novembre, non solo tecnico ma anche politico.

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