di Alberto Barbieri*

La situazione è grave ma non è seria, direbbe Flaiano. È grave perché si gioca sul destino di centinaia di persone migranti sopravvissute a torture e violenze estreme. Non è seria perché il nuovo approccio degli sbarchi selettivi approntato dal governo Meloni ha caratteristiche sconcertanti e per certi versi grottesche. In estrema sintesi i recenti decreti del governo italiano vietano alle navi di soccorso delle Ong di “sostare nelle acque territoriali italiane … oltre il termine necessario per assicurare le operazioni di soccorso e assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali e di precarie condizioni di salute”. Le navi delle Ong Sos Humanity e Medici senza Frontiere, attraccate in queste ore nel porto di Catania, dopo aver sbarcato le persone ritenute fragili dalla autorità italiane dovrebbero dunque allontanarsi in acque internazionali ancora con naufraghi a bordo, quelli che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito con un agghiacciante termine burocratico-prefettizio “il carico residuo”.

La selezione dei sommersi e dei salvati è affidata a criteri di tipo sanitario, vale a dire alla valutazione da parte dei medici dell’Usmaf (Unità di Sanità Marittima, Aerea e Frontiera del Ministero della Salute) di condizioni di sufficiente vulnerabilità, tali da poter “meritare” lo sbarco. La strategia è stata chiarita ancor meglio dal Direttore generale dell’Usmaf Sicilia, Claudio Pulvirenti, secondo il quale la decisione di chi sbarca e di chi no sarebbe affidata a “un criterio scientifico”, ovvero chi non dovesse presentare condizioni cliniche di emergenza, come ad esempio febbre, malattie infettive, gravidanza, patologie croniche in fase acuta, sarebbe in grado di restare ancora in mare. Ai giornalisti che facevano giustamente notare che tutti i naufraghi si trovano in condizioni di stress estremo il medico ha chiarito che, fatti salvi i casi psichiatrici acuti, lo stress è un rischio generico e che “il problema psicologico è un problema di secondo livello”, ergo non emergenziale e dunque non tale da richiedere necessariamente lo sbarco.

Ora, è stato evidenziato da diverse e autorevoli fonti, tra cui peraltro il giudice emerito della Corte europea dei diritti dell’uomo Zagrebelsky, che i decreti sugli sbarchi selettivi violano numerose norme del diritto internazionale ed interno. Per la parte che mi compete, come medico ed operatore umanitario mi limiterò a segnalarne l’inconsistenza dal punto di vista della tutela sanitaria e dei diritti umani. La supposta scientificità con fini di tutela umanitaria dell’approccio del nuovo governo italiano appare infatti del tutto fallace da numerosi punti di vista. E’ intanto necessario ricordare ancora una volta che le persone migranti che giungono con imbarcazioni di fortuna dalle coste del Nord Africa, in particolare dalla Libia, sono nella quasi totalità dei casi sopravvissute a mesi, se non ad anni, di torture e di violenza inaudite. L’ultimo rapporto di Medici per i Diritti Umani, La Fabbrica della Tortura, lo dimostra in modo inequivocabile sulla base di migliaia di testimonianze dirette raccolte dai migranti assistiti negli ultimi sette anni. Che la Libia sia oggi una sorta di immenso lager dove si commettono crimini contro l’umanità contro migranti e rifugiati non lo affermano naturalmente solo le Ong ma in primis le stesse Nazioni Unite, in tutti i più recenti rapporti.

Tutto questo ovviamente il governo italiano lo sa bene. Il ragionamento dei decreti andrebbe dunque rovesciato poiché tutti i naufraghi sono soggetti vulnerabili fino a prova contraria. Del resto, contrariamente a quanto afferma Pulvirenti, gli stessi decreti non parlano solo di casi emergenziali ma anche di persone in “precarie condizioni di salute”. Non è in condizione precarie chi è sopravvissuto a torture e a gravissimi abusi, chi ne porta sul proprio corpo e nella propria psiche gli esiti indelebili, chi è sopravvissuto ad un naufragio e ha visto altre persone morire in modo atroce? Sono, questi, fattori di rischio generici? E’ noto peraltro a qualunque medico o psicologo che si occupi di questi temi che un grave o gravissimo disturbo da stress post-traumatico si possa manifestare non solo attraverso un quadro emergenziale, ovvero uno scompenso psichiatrico acuto, ma anche, e spesso, attraverso un profondo ritiro e un’inibizione comportamentale difficilmente rilevabili in uno generico triage attuato in poche ore allo sbarco.

E’ allora evidente che la geniale invenzione degli sbarchi selettivi, propagandata dal governo italiano come innovativo strumento capace di coniugare fermezza e tutela umanitaria, altro non sia che un brutto pasticcio, alquanto improvvisato, che calpesta i diritti fondamentali della persona, in cui il grottesco esito finale potrebbe essere che le persone più gravemente traumatizzate siano “scientificamente“ ritenute atte ad essere rispedite in alto mare. L’unica soluzione onorevole che rimane ora al governo italiano è quella di far sbarcare subito tutti i naufraghi ed esaminare, questa volta con serietà, le loro richieste di protezione internazionale.

* Coordinatore generale di Medici per i Diritti Umani – Medu, organizzazione umanitaria indipendente che si propone di portare aiuto sanitario alle popolazioni più vulnerabili, nelle situazioni di crisi in Italia e all’estero

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