di Giorgio Volpe

In vita mia, ho sempre pagato le tasse. Da imprenditore, da dipendente…. tutto quello che dovevo pagare l’ho pagato. Sia chiaro, non ne faccio una questione morale né mi ritengo migliore di chi evade quando può, specie per “sopravvivenza”. Magari, sotto sotto un po’ lo invidio pure. Il fatto è che mi son più o meno sempre trovato in condizione di dover pagare, e anche quando avrei potuto barare ho sempre preferito evitare problemi.

Quando a causa della crisi economica fui costretto a chiudere la partita Iva, ormai un decennio fa, mi ritrovai con un debito verso l’erario di circa 13.000 euro che non avevo modo di saldare nell’immediato. Ho onorato tale debito in 20 rate trimestrali, ovviamente mettendoci sopra gli interessi.

Ebbene, a chi paga le tasse come me accade che per un errore materiale nell’indicazione dell’anno di riferimento di un F24, l’Agenzia delle Entrate (AdE) torni a chiedere quanto già pagato, e che si debba mobilitare il commercialista per ricostruire il tutto ed evitare l’ingiusto esborso – quando chiedono soldi per presunte irregolarità i signori dell’AdE forniscono informazioni lapidarie, del tipo “a noi risulta che lei debba versare questa somma”, rimettendo sul contribuente l’onere di ricostruire la vicenda nel dettaglio e fornire prove riguardo la correttezza della propria posizione. Giusto qualche giorno fa ho ricevuto una raccomandata in cui l’AdE mi chiedeva di pagare quasi 1400 euro entro 30 giorni. Sarebbe bastato un controllo degno di tale nome per capire che l’alert generato dal sistema informatico era dovuto a un banale errore di compilazione del modello F24 e che, in buona sostanza, il versamento era stato fatto e nulla era dovuto. Invece no: raccomandata e richiesta del malloppo, quasi che il responsabile del procedimento fosse acefalo quanto il software, e per questo suo mero messaggero – ma allora, dico io, non potremmo risparmiarci il suo stipendio?

Ebbene, tutta questa lunga premessa per dire che a sentir parlare di pace fiscale, saldi e stralci e compagnia cantante mi ribolle il sangue. In tutta onestà, vorrei sapere come si possa pensare che chi non ha pagato è sempre il classico soggetto “onesto e sfortunato” evocato dalla legge fallimentare a proposito del concordato preventivo e non uno che, banalmente, se n’è infischiato, magari confidando in un futuro condono. Io mi sono privato di cene al ristorante, di un’auto nuova… mi son sbattuto per tenere traccia delle scadenze e fare versamenti… quelli che poi godono di questi armistizi fiscali hanno fatto altrettanto?

Tempo fa ho appreso dal Corriere di appartenere a una fortunatissima élite di contribuenti: avendo un reddito superiore a 70.000 euro faccio parte del 4% dei Paperoni che pagano il 29% dell’Irpef totale. Tralasciamo il fatto che una fetta rilevantissima di quei denari finiscono in mantenimento di ex moglie e figlia, il punto è che mentre ero in viaggio dopo aver letto quel pezzo non potevo fare a meno di notare una gran quantità di automobili da 35, 40, 50 e più mila euro e oltre che sfrecciavano a fianco della mia Astra Station Wagon del 2003. Che strano, io non potrei permettermele!

Ma torniamo al punto: tasse e cose che capitano. Eccole qua. A chi paga le tasse può accadere che gli vengano nuovamente chiesti soldi che ha già pagato, mentre a chi non le paga può accadere che gli venga abbonato il debito in tutto o in parte. Per citare Biscardi: “Che scarogna, W l’Italia”.

Forse sono proprio un rintronato, ma se fossi io al governo darei un premio a chi le tasse le ha sempre pagate, invece di premiare chi all’AdE – e ai contribuenti onesti – va bellamente in saccoccia. Con i condoni ormai consolidatissima prassi, di fatto si sancisce la regola per cui chi paga le tasse è un fesso e chi non le paga un dritto. Viene persino il sospetto che la vera regola usata dall’AdE sia quella di chiedere i soldi, anche se non dovuti, a chi ha dimostrato di pagare, e di prendere quel che può da chi solitamente non paga…

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