Una settimana fa il neo-ministro della Salute Orazio Schillaci, inaugurando il nuovo corso del governo Meloni sulla gestione della pandemia, aveva annunciato la sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino Covid, che sarebbe diventato settimanale. Una decisione, condivisa anche da molti esperti, che di fatto cambiava solamente la cadenza delle comunicazioni del ministero ai cittadini. Un’altra mossa, ben più grave e importante, è invece rimasta nascosta: il governo infatti a partire dal 30 ottobre ha interrotto anche la condivisione giornaliera dei dati grezzi. Quelli che, in pochi parole, servono a ricercatori, esperti e data journalist di tutto il mondo per costruire modelli e proiezioni matematiche. Come la Fondazione Gimbe, che dall’inizio della pandemia informa i cittadini sulle tendenze del Covid e oggi denuncia di essere “impossibilitata a garantire il monitoraggio indipendente condotto negli ultimi due anni e mezzo a beneficio della cittadinanza, delle Istituzioni e degli organi di informazione”. Anche il grafico realizzato dalla redazione de ilfattoquotidiano.it non può essere più aggiornato (vedi sotto).

“Il Ministero della Salute con il comunicato stampa del 28 ottobre ha disposto la sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino della pandemia di Covid-19 che sarà reso pubblico a cadenza settimanale. Tuttavia, dal 30 ottobre risulta interrotta anche la pubblicazione quotidiana dei dati grezzi sul repository ufficiale che hanno finora alimentato un virtuoso processo di collaborazione tra ricercatori, società civile e Istituzioni”, si legge nel comunicato della Fondazione. E il presidente Nino Cartabellotta attacca: “È inaccettabile che il pubblico accesso al patrimonio comune dei dati quotidiani sulla pandemia venga interdetto dal Ministero della Salute, con un anacronistico passo indietro sulla trasparenza“. Per questo motivo, la Fondazione Gimbe ha inviato al ministro Schillaci “una richiesta di ripristino immediato della pubblicazione giornaliera dei dati che devono essere disponibili non solo ‘alle autorità competenti’ ma anche alla comunità scientifica e alla popolazione intera“.

L’ultimo aggiornamento dei dati grezzi risale al 29 ottobre

Nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri di lunedì, il ministro Schillaci sul tema del bollettino aveva infatti dichiarato: “I dati sono raccolti tutti i giorni ma avere una stima settimanale dà un quadro diverso. I dati non sono secretati e sono a disposizione delle autorità competenti“. Quei numeri su contagi, ricoveri e decessi restano però secretati per i cittadini e e la comunità scientifica. “Il bollettino può essere anche mensile“, aveva sottolineato ieri lo stesso Cartabellotta in un tweet, ma “l’aggiornamento dei dati deve tornare quotidiano”. “I dati Covid non possono essere solo ‘a disposizione delle autorità competenti’, ma anche di ‘ricercatori indipendenti‘. È un principio base della ricerca“.

La prima a denunciare la pericolosità e la poca trasparenza di questa decisione presa da governo e ministero della Salute era stata l’Associazione italiana di epidemiologia, spiegando che la mancanza dei dati grezzi ci metterà nuovamente in una condizione di svantaggio rispetto alle evoluzioni del virus e dei contagi. Un pericolo, appunto, soprattutto nel caso compaiano nuove varianti. La censura dei dati grezzi giornalieri “impedirà il monitoraggio in tempo reale che permette di anticipare il comportamento del virus, mettendoci ancora una volta in condizione di svantaggio”, ha sottolineato Cesare Cislaghi, già presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia. “Questo, in caso di nuove varianti – afferma Cislaghi – potrebbe farci ripetere gli errori commessi in passato, quando questi ritardi sono stati pagati con una grave mancanza di tempismo nei provvedimenti rispetto ad altri paesi”.

Lo statistico Livio Fenga, senior lecturer del Centro di analisi, simulazione e modelli (CSAM) dell’università britannica di Exeter, a sua volta ha denunciato come “la discontinuità introdotta in termini di frequenza di rilascio dei dati relativi al Covid 19, da giornaliera a settimanale, presenta in termini di analisi dei dati, degli aspetti critici“. All’Ansa ha spiegato inoltre che “l’analisi dei dati e la costruzione di modelli matematici a frequenza settimanale è sempre possibile a partire dai dati giornalieri, mentre l’opposto non è vero. Questo, ad esempio, riduce la portata di modelli statistici chiamati ‘multifrequenza’ e che si basano su diverse scale di risoluzione”. Secondo l’esperto, “tagliare la frequenza giornaliera significa poi escludere dall’analisi preziosi indicatori statisticomatematici che proprio sulla variabilità hanno il loro fondamento. Anche le funzioni entropiche, fondamentali ad esempio per la stima del ‘passaggio’ del virus da una regione all’altra, vedrebbero ridotta la loro portata informativa“.

Sotto il profilo scientifico-metodologico, inoltre, “indisponibilità dei dati giornalieri comporterà necessariamente una revisione dei modelli matematici utilizzati fino a questo momento, dovendosi necessariamente confrontare con un cambiamento strutturale del dato di riferimento”. Lo statistico ha infine smentito anche un’altra affermazione ripetuta sia dal ministro Schillaci che dalla premier Giorgia Meloni: “Il quadro è cambiato”. Fenga però ha sottolineato che “registrare numeri bassi di casi Covid, non significa che un fenomeno non lo si debba studiare al massimo livello di dettaglio e precisione possibile. Ma la cosa forse più importante da sottolineare – ha concluso – è che, a frequenze settimanali, diventerebbe difficile, se non impossibile, la stima precoce dell’insorgenza di focolai e di nuove varianti, così come la costruzione di indicatori per la stima del ritardo fra il numero dei positivi e quello degli ospedalizzati.
Questo anche in virtù delle dichiarazioni del presidente Mattarella che solo pochi giorni fa ricordava che il Covid non è ancora sconfitto: un chiaro invito alla prudenza, quella del nostro presidente della Repubblica”.

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