di Massimo Bottini*

Mai come oggi ragionare sull’identità culturale del nostro Paese e trovare risposte capaci di far coesistere il passato con il futuro può aiutare a dare sostenibilità al Patrimonio culturale del nostro Paese.

Partendo da questo presupposto, Italia Nostra ha lanciato in questi giorni una campagna per la conservazione, tutela e valorizzazione delle mura urbiche e delle fortificazioni presenti su tutto il territorio italiano. Oltre alle consuete attività sui territori, con manifestazioni un po’ dovunque da nord a sud, si è svolto il 1° ottobre a Santarcangelo di Romagna un convegno dal titolo “Mura, limes e urbe. Tutela e valorizzazione delle mura urbiche” cui hanno partecipato esperti del settore, ingegneri, architetti, responsabili delle pubbliche amministrazioni e delle associazioni di tutela del patrimonio culturale. È stato un momento di riflessione che Italia Nostra ha promosso con l’idea di proporre una “Carta delle mura” che possa dare semplici ma essenziali indicazioni su come tutelare l’enorme patrimonio rappresentato dalle mura urbiche e dalle fortificazioni.

Cinte murarie cingevano le poleis fin dall’antichità, ma si sono imposte come soluzione di vitale importanza nel tardo Impero Romano-Alto Medioevo e da allora sono state un elemento imprescindibile del paesaggio urbano, fino all’Unità d’Italia. Per millenni sono stati il limes che definiva l’urbe e allo stesso tempo stabiliva lo status delle persone. Non meno importante l’impatto sulla percezione della città, cui si accedeva superando non solo le mura ma anche un terrapieno, oppure un fossato con un ponte levatoio. Culture e architetture che hanno lasciato traccia nella toponomastica dei luoghi e, infatti, le Porte con i loro nomi – Porta Romana, Porta Fiorentina, Porta Ticinese – orientano ancora adesso il cittadino e il forestiero. Con il progredire delle tecniche militari, per reggere l’urto dei cannoni, le mura divennero sempre più complesse, “alla moderna”, assumendo forme affascinanti come a Palmanova o imponenti come a Lucca. Le diverse cinte murarie di una stessa città sono anche testimonianza del suo sviluppo demografico, con evidenze di varie cinte e lacerti presenti nel tessuto urbano.

Ancora oggi le mura continuano a definire l’urbe, stabilendo il confine tra centro e periferia, tra borgo e agro, tra antico e moderno, nonostante siano venute meno le loro funzioni difensive e, addirittura, nella seconda metà del secolo scorso, fossero percepite come limite allo sviluppo. A partire dagli anni post-unitari e soprattutto poi durante il boom economico, le mura delle grandi città sono state demolite, in parte o totalmente, lasciando a testimonianza della loro esistenza le antiche porte, ridotte ormai a spartitraffico o rotatorie per le circonvallazioni che hanno sostituito le fortificazioni. Nelle città arroccate sulla cima delle colline o dei monti, le cinte hanno continuato ad esistere e a svolgere una fondamentale funzione di contenimento e consolidamento delle pendici, essenziale per la stabilità degli edifici cittadini.

Proprio perché il tema delle mura è molto sentito, il convegno è stato patrocinato da moltissimi enti: Ministero della Cultura, Ministero del Turismo, Consiglio d’Europa, ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani, Associazione Dimore Storiche Italiane – ASDI, Associazione internazionale Città Murate Lions, Associazione Borghi Autentici d’Italia, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Rimini, Comune di Santarcangelo di Romagna e la Fondazione Rete Professioni Tecniche Rimini. I relatori convenuti a Santarcangelo – professori delle più prestigiose facoltà di ingegneria e di restauro architettonico d’Italia – hanno sottolineato la necessità di risolvere alcune criticità e quindi dato la loro disponibilità a partecipare al tavolo per la redazione della “Carta delle mura”.

Concordemente si ritiene che per tutelare le mura si debba prevedere, ove necessario, la dichiarazione d’interesse pubblico. Quando le cinte murarie non sono vincolate, diventa molto difficile impedire che vengano modificate dai privati o dalle amministrazioni locali. I vincoli rappresentano un’opportunità, non una limitazione al diritto di proprietà: lo Stato riconosce finanziamenti a fronte della dichiarazione di interesse pubblico, questo facilita la conservazione del bene tutelato e ne aumenta il valore. La tutela non deve riguardare solo i manufatti ma anche le aree di rispetto. Si tratta di difendere aree che possono essere definite, di volta in volta, pomario, rocca, giardino, parco lineare, etc. La crescita delle periferie al di fuori delle mura ha teso a riempire i vuoti, senza rispettare quello che un tempo era considerato terreno sacro (perché vi si seppellivano i morti) o area strategica (perché totalmente sgombera consentiva di individuare l’assalitore da lontano). Il valore paesaggistico di queste aree là dove si sono conservate è, però, indiscutibile e indispensabile per comprendere la dimensione spaziale delle mura, non solo con lo sguardo ma anche nella fruizione dinamica dello spazio.

Non si può pensare di tutelare le mura senza prevedere adeguata manutenzione, opportunamente finanziata con un fondo specifico. È un principio elementare ma quando si parla di mura non si riesce ad uscire dalla logica emergenziale. Eppure, l’intervento in emergenza costa sempre molto di più della normale manutenzione. La soluzione esiste: basterebbe redigere e poi rispettare rigorosamente un Piano di gestione e di manutenzione programmata… basterebbe, appunto!

Questi pochi accenni sono le basi da cui partire per la redazione di una “Carta delle mura”, un obiettivo realizzabile perché le mura sono una tipologia di bene culturale specifico che è presente su tutto il territorio nazionale ed è bene comune riconosciuto dalla Comunità Patrimoniali come identitario. Allo stesso tempo presenta caratteristiche, tipologie e materiali simili da nord a sud e ha problematiche di conservazione e tutela paragonabili.

*Italia Nostra Valmarecchia

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