“Sono sempre stato convinto del fatto che avrebbero potuto fare cose importanti, ma naturalmente se avessi detto che avremmo vinto l’Europeo e saremmo arrivati in finale al Mondiale sarei passato per colui che voleva fare il fenomeno”. Un po’ fenomeno lo è, ha sempre giocato con la “generazione di fenomeni”, ma tiene i piedi per terra Ferdinando De Giorgi, 61 anni, allenatore della Nazionale di pallavolo maschile che affronta la Polonia nella finale dei Mondiali a Katowice. Finali mondiali che Fefé De Giorgi ha già affrontato da giocatore per tre volte, vincendole sempre: quella del 1990 al Maracanazinho di Rio de Janeiro e quella del 1994 ad Atene, sotto la guida di Julio Velasco, e quella del 1998 a Osaka, sotto la guida di Bebeto de Freitas, contro la Jugoslavia di Nikola Grbic, oggi allenatore dei polacchi. Quella è stata l’ultima volta che l’Italia è salita sul podio della massima competizione internazionale.

La nazionale di De Giorgi
Chiamato ad allenare gli azzurri nell’estate 2021, dopo il disastro delle Olimpiadi di Tokyo sotto la guida di Gianlorenzo Blengini, De Giorgi ha rinnovato e ringiovanito una squadra che, in maniera sorprendente, ha dato subito risultati: il 19 settembre 2021 a Katowice (stesso teatro della finale mondiale di stasera) ha battuto tre set a due la Slovenia vincendo l’Europeo dopo sedici anni dall’ultima volta. I risultati della Volleyball nations league 2022, competizione giocata a luglio a Bologna, erano stati negativi: dopo una semifinale persa 3-0 contro i campioni olimpici della Francia e una finale per il terzo posto persa contro la Polonia, quando era stato il momento di giocare contro le grandi la squadra di Simone Giannelli e compagni aveva sfigurato. Contestata, poi, la scelta di far arrivare l’ex capitano Ivan Zaytsev al ritiro a Cavalese ad agosto per comunicargli l’esclusione a favore di due giocatori come Yuri Romanò e Giulio Pinali che, nella passata stagione, hanno faticato a trovare spazio nei loro club di Superlega.

Un fuoco di paglia? Forse no.
A distanza di un mese e mezzo gli azzurri hanno dato filo da torcere ai francesi, squadra molto più esperta e rodata, battendoli al tie-break. “Credo che le Finals di Bologna ci abbiano aiutato in questo percorso di crescita dandoci una spinta ulteriore”, ha detto De Giorgi dopo la semifinale vinta contro la Slovenia sabato sera. Attraverso quelle sconfitte estive i ragazzi, confrontandosi contro rivali molto forti e più esperti, hanno capito qual era il livello da raggiungere per tornare dopo 24 anni a disputare una finale mondiale. L’ultima era quella del 1998 a Osaka, l’ultimo mondiale con la regola del cambio-palla e i set a 15 punti. L’Italia cercava l’impresa: essere la prima nazionale a vincere tre mondiali consecutivi. In finale affrontò e vinse contro una delle squadre più temibili della fine degli anni Novanta, la Jugoslavia dei fratelli Vladimir e Nikola Grbic, che stasera sarà seduto sulla panchina della Polonia. Circondati dai tifosi biancorossi, stasera Bartosz Kurek e compagni proveranno a eguagliare quell’era azzurra, poi seguita dal tris del Brasile, andando alla ricerca del terzo titolo iridato consecutivo (e del quarto mondiale, in totale).

Dal Salento al mondo
De Giorgi e Grbic, palleggiatori tra i protagonisti della finale del 1998, ora si affrontano dalle panchine. È un percorso particolare, quello di Fefé De Giorgi. La sua carriera comincia in Salento, nella sua Squinzano, nella Vis, che milita nel campionato di serie B (l’attuale serie A2). Nel 1981 si sposta nella vicina Ugento per salire di categoria, fino a quando nel 1986 Julio Velasco lo chiama alla Panini Modena. Esordisce in Nazionale a Montpellier il 30 giugno 1987 contro la Francia e da allora non la molla più. Nonostante l’altezza non eccezionale, 178 centimetri, è spesso tra i convocati. Partecipa e vince l’oro agli Europei del 1989 e i Mondiali del 1990, il primo dei tre della “generazione di fenomeni”: “Loro facevano parte di un progetto federale – precisava lui in un’intervista all’autore nell’estate 2020 – Io poi sono di una generazione diversa dalla loro, antecedente. Gli Zorzi, i Gardini e gli altri erano un gruppo che erano partiti insieme a Alexander Skiba e avevano fatto tutto un percorso della Federazione prima di arrivare lì. Io invece ero un atleta del Sud che cercava di guadagnarsi lo spazio, con l’altezza da fair play fisico”. Le uniche Olimpiadi giocate sono quelle del 1988 a Seul, convocato da Carmelo Pittera, ma non quelle del 1992 e del 1996: “Nei mondiali ci sono sempre stato, poi arrivava l’anno olimpico e non si capisce, qualcosa cambiava. Così dicevo a Velasco che avrebbe dovuto completare il giro: ‘Guarda Julio, noi non abbiamo mai vinto un’Olimpiade, ma se tu non mi convochi…’”, raccontava con l’ironia che lo contraddistingue.

Lo stile “Fefé”
Prendere i giovani, buttarli in campo con la loro caparbia dando loro fiducia, ma anche consigli da ex giocatore esperto e un po’ di leggerezza. Sono alcuni ingredienti dello stile De Giorgi. A contraddistinguere ancora il suo stile ci sono alcune esperienze. Una è quella da allenatore-giocatore, incarico raro e complesso ricoperto a Cuneo tra il 2000 e il 2002: “Lì ho capito qual è l’importanza di crearsi uno staff. Un’altra delle cose che ho imparato in quel periodo è stato affrontare subito le cose: se c’è un malinteso va condiviso immediatamente”, spiegava sempre nell’intervista del 2020. E poi c’è la breve esperienza, tra il 2015 e il 2018, in Polonia, nazione dalla lunga tradizione pallavolistica e con un fortissimo seguito: allena prima lo Zaksa, poi per un annetto la Nazionale polacca (esonerato dopo gli Europei 2017 in casa) e infine lo Jastrzębski Węgiel, esperienza interrotta nel 2018 per tornare in Italia, alla Lube Civitanova, da lui già allenata in passato. La società marchigiana, dopo qualche anno di magra e molte finali perse, sotto De Giorgi si aggiudica scudetto, Champions league, poi Mondiale per club e Coppa Italia prima dell’interruzione del campionato per la pandemia. All’inizio del 2021, nonostante i risultati (11 trofei in otto stagioni totali), viene esonerato: al suo posto torna sulla panchina Gianlorenzo Blengini, allenatore della Nazionale. Sembra prepararsi un cambio alla guida degli azzurri, e così sarà di lì a poco.

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