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“Una vergogna la spesa per le armi quando si muore di fame”: il programma di Carlin Petrini alla festa del Fatto Quotidiano

A intervistare l'intellettuale punto di riferimento dell'ecologismo italiano, che ha unito gastronomia, sensibilità ambientale e sociale, c'erano Luca Sommi, scrittore e giornalista, conduttore di Accordi e Disaccordi sul canale Nove, ed Ettore Boffano, giornalista ed ex condirettore del Fatto
“Una vergogna la spesa per le armi quando si muore di fame”: il programma di Carlin Petrini alla festa del Fatto Quotidiano
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Il Covid e la guerra ci hanno fatto dimenticare “la drammatica situazione del Pianeta”. A ricordarlo è il fondatore di Slow Food Carlin Petrini dalla festa del Fatto Quotidiano, ospite di un dibattito dedicato alla transizione ecologica. A intervistare l’intellettuale punto di riferimento dell’ecologismo italiano, che ha unito gastronomia, sensibilità ambientale e sociale, c’erano Luca Sommi, scrittore e giornalista, conduttore di Accordi e Disaccordi sul canale Nove, ed Ettore Boffano, giornalista ed ex condirettore del Fatto.

“È la prima volta che con il cambiamento climatico viene messa in discussione la sopravvivenza dell’umanità”, ha esordito Petrini nel suo intervento. Focalizzando poi il nodo della questione: “Il principale responsabile dello sconquasso ambientale è il sistema alimentare”. Le emissioni di CO2 di agricoltura e zootecnia al livello mondiale sono più alte di quelle dei mezzi di trasporto (14,5% contro 13%). Il 24% di queste emissioni è prodotta nei campi, il 37% nella trasformazione del cibo. Se a ciò si aggiunge che la massa della produzione alimentare nel mondo basterebbe per sfamare 12 miliardi di persone, ma il 30% finisce in forma di scarto nei Paesi ad alto reddito, mentre 900 milioni di abitanti del pianeta muoiono di fame, la connessione tra questione ambientale e sociale diventa evidente.

È nota la conoscenza tra il fondatore di Slow Food e Papa Bergoglio, nata dalla convergenza di pensiero sul legame tra ambiente ed eguaglianza (“Generare disuguaglianze significa rovinare l’ambiente e viceversa”), che Francesco ha espresso nell’enciclica Laudato si’. A luglio Petrini ha passato la direzione della Fondazione Slow Food a Edward Mukiibi, agronomo ugandese. Da anni Slow Food ha avviato un’espansione nel Sud del mondo, toccando 150 Paesi di cui molti in Africa e promuovendo le culture agricole votate alla tutela della biodiversità, la protezione dell’ambiente e il rispetto tradizioni locali. La nuova avventura del movimento: costruire 10 mila orti nel continente africano. “Non pensate agli orti casalinghi, si tratta di estensioni che coinvolgono la sussistenza di 1000, 1500 persone”. Dal 22 al 25 settembre la rete di Terra Madre si riunirà a Torino in contemporanea con li salone del gusto, e in coincidenza con le elezioni.

Dal palco della festa del Fatto, Petrini non si sottrae a una valutazione politica. “Vi siete accorti che di tutto questo la politica non parla?”, chiede il fondatore di Slow Food retoricamente. La risposta però c’è ed è articolata. Com’è noto, per lui e per Slow Food la soluzione ai mali del pianeta comincia dalla sfera individuale. “Stasera andate a casa, aprite il frigorifero e guardate quanto cibo che sta andando a male contiene”. Una metafora chiara per illustrare i principi di riduzione del consumo di alimenti, soprattutto carne (senza privazioni, però, ci tiene a precisare Petrini, perché “con il magone non si cambia il mondo, si cambia con la gioia”) e la riduzione della plastica e dello spreco.

La sua proposta è articolata con chiarezza e appare tutt’altro che naif, perché si accompagna a una filosofia di organizzazione. Che mette tra parentesi la politica istituzionale per rifondarla su nuove basi ecologiche: “Servono comportamenti e decisioni indispensabili per cambiare rotta. Rivendicare la politicità di queste scelte è la nuova fase che dobbiamo affrontare. I nostri atteggiamenti influiscono per il cambio climatico, è arrivato il tempo di privilegiare l’economia locale, i prodotti alimentari dei nostri territori, la stagionalità. Se lo facciamo, le cose cambieranno realmente. La politica non intercetta questi problemi, lo dobbiamo fare noi”. Alla base, ha continuato il fondatore di Slow Food, ci deve essere perciò la formazione degli individui a comportamenti ecologicamente più rispettosi. È da questa formazione che nasceranno le comunità che si intesteranno un vero cambiamento politico. “Forse è arrivato il momento di dedicare più attenzione a elementi formativi per l’assunzione di responsabilità individuali e collettive, e far sì che le comunità formate diventino soggetti politici”. A quel punto riscopriremo la politica, con una comunità più consapevole.

In questo progetto, Petrini ha una posto anche per la stampa: “Auspico che la stampa, e anche il Fatto diventi un soggetto educativo che promuova comportamenti e riflessioni. Non più solo strumento di comunicazione ma di formazione”. Ovviamente, la cultura di Slow Food, che diventa nel racconto di Petrini non più solo alimentare ma ecologica e sociale, si contrappone alle logiche del capitalismo estrattivo, col suo complesso militare-industriale. Petrini sottoscrive l’invettiva di Francesco sulla “follia” della guerra e dell’aumento delle spese militari. “Si spendono 2000 miliardi di dollari ogni anno in armamenti, mentre la FAO dice che basterebbero 200 miliardi per estirpare la fame nel mondo. È una vergogna!”.

Scendendo sul piano nazionale, il fondatore di Slow Food ha parole dure anche per chi, tra le forze politiche e non solo, ha fatto dell’attacco al reddito di cittadinanza un’arma politica: “Questa protervia nel condannare il reddito di cittadinanza è ingiusta. Non è possibile che si parli della povera gente in questo modo, questa è una delle dimensioni in cui si misura il modo di far politica”, e ricorda che “la crescita di povertà in Italia è evidente e anche dal punto di vista alimentare”. Utopia? Forse, ma non elitarismo. “Da molti anni ci sentiamo dire che noi di slow food ci piace mangiar bene perché abbiamo i soldi, ma noi non siamo per esasperare la qualità in maniera diseguale. La qualità alimentare deve essere un diritto di tutti. Oggi la situazione alimentare e produttiva in Italia è fatta di contadini poveri che esprimono le loro eccellenze a favore dei ricchi e di contadini ricchi che producono in modo massivo per i poveri”.

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