“Rischiamo la tenuta sociale del Paese”. Con questo parole il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, lancia l’allarme sull’aumento dei prezzi del latte, che potrebbe superare i 2 euro al litro, dopo che in giornata l’azienda aveva diffuso un comunicato congiunto con Lactalis dicendosi preoccupata “per un’inflazione galoppante che da 12 mesi colpisce l’agroalimentare italiano e in particolare il settore lattiero caseario. Occorre un intervento pubblico che scongiuri conseguenze ancora più disastrose per le migliaia di imprese che compongono la filiera”, anche perché, puntualizzano, si sta parlando di un bene primario.

L’inflazione, spiegano i due gruppi superando “i consueti antagonismi di mercato, ha toccato in maniera importante, con numeri a doppia cifra, quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte, come l’alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, il packaging (carta e plastica sono in aumento costante da mesi) e ulteriori componenti di produzione impiegati nella produzione di latticini. Oggi, però, la preoccupazione maggiore è rappresentata dall’incremento dei costi energetici che nelle ultime settimane sono aumentati a tal punto da rendere difficile trasferirli sul mercato, in un momento economicamente complesso per le famiglie italiane”.

Le due aziende sottolineano che dalla primavera il prezzo del latte per il consumatore è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 euro al litro (dato Nielsen) e potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022: “È impensabile che un alimento primario e fondamentale nella dieta italiana possa subire una penalizzazione così forte da comprimerne la disponibilità di consumo. Per quanto concerne le sole energie, se non avviene un’inversione di rotta, si tratta di una inflazione del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022 – spiega Calzolari – È insostenibile anche da parte di una grande azienda, dal momento che si protrae nel tempo e che se fosse scaricata tale e quale sul mercato colpirebbe significativamente i nostri consumatori e avrebbe inevitabili conseguenze sui consumi, con ricadute negative su tutta la filiera”

Dati simili a quelli forniti da Lactalis che, con il suo amministratore delegato, Giovanni Pomella, dice che “l’aumento del costo energetico sulla nostra organizzazione ha generato un impatto devastante, che sarebbe stato anche maggiore se non fossimo intervenuti con delle coperture ad hoc. Parliamo di un +220% di spesa registrato nel 2022 rispetto al 2021, e una stima di un +90% nel 2023 rispetto al 2022. Le imprese sono allo stremo, hanno già fatto ben oltre le loro possibilità ed è arrivato il tempo della responsabilità pubblica. In questo drammatico frangente, come imprenditori abbiamo messo da parte le rivalità di mercato e abbiamo unito il nostro appello al mondo politico per ribadire la necessità di intervenire responsabilmente a tutela dell’intera filiera e del consumatore”.

Dietro ai rincari senza sosta, sostiene Calzolari, si nasconde la speculazione internazionale in diversi settori: “Siamo in balia di una speculazione internazionale che colpisce il Paese, le imprese e le famiglie, qualora il tema dei costi energetici non salisse al rango di priorità della nostra politica rischieremmo la tenuta sociale del Paese. I prezzi dell’energia sono schizofrenici e non è possibile per le aziende approntare piani industriali tesi alle urgenti transizioni sostenibili che auspichiamo, perché dobbiamo arginare i costi enormi che non possono in questo momento essere scaricati in toto sul mercato. Il problema va affrontato in sede europea come annunciato anche dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e sul piano nazionale correggendo, laddove necessario, anche il Pnrr“.

Coldiretti ha diffuso proprio oggi i dati sulle ricadute dei prezzi dell’energia sulle varie realtà dell’agroalimentare italiano. Il record dei rincari, dovuto anche alla crisi Ucraina, è quello che ha colpito i prezzi dell’olio di semi (+63%), ma gli aumenti vanno dal 34% per il burro al 15% per le uova. “A far segnare i maggiori rincari sono i prodotti di base dell’alimentazione delle famiglie che subiscono gli effetti dell’aumento dei costi energetici e di produzione alimentati dalla guerra in Ucraina, abbinati al caldo record e alla siccità che – sottolinea la Coldiretti – costringono i consumatori a tagliare gli acquisti soprattutto tra le famiglie più deboli”. Così emergono l’impennata dei prezzi della “margarina, con un +24%, seguita dalla farina (+23%), il riso (+22%) e la pasta (+22%). Ma l’inflazione non risparmia neppure il latte conservato (+19%) né il prodotto simbolo dell’estate che sta finendo come i gelati (+18%) che precedono la carne di pollo, aumentata del 16%, e le uova (+15%). Ma aumenti si registrano anche per le verdure fresche (+12%) e per la frutta (+8%), anche per effetto delle speculazioni che sottopagano le produzioni agli agricoltori e fanno triplicare i prezzi dell’ortofrutta dai campi alla tavola”. Il risultato è che gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura che crollano nel 2022 dell’11% in quantità rispetto allo scorso anno, su valori minimi da inizio secolo.

Articolo Precedente

Come si formano i prezzi dell’energia elettrica e cos’è il “decoupling” di cui discutono i governi europei

next
Articolo Successivo

Mosca avvisa: “Con tetto al prezzo del petrolio stop alle spedizioni di greggio”. Il G7 verso la decisione

next