I baha’i costituiscono la più ampia minoranza religiosa non musulmana dell’Iran. Dall’avvento della repubblica islamica, subiscono periodicamente gravi violazioni dei diritti, discorso d’odio da parte delle autorità e discriminazione in ogni campo. Per il fatto che il loro quartier generale si trova ad Haifa, in Israele, sono sospettati automaticamente di essere delle spie.

La politica ufficiale nei confronti dei baha’i è stata adottata nel 1991 dal Consiglio supremo culturale della rivoluzione e approvata dal leader supremo: “L’approccio nei confronti dei baha’i dev’essere tale da impedire il loro progresso e il loro sviluppo (…) Devono essere espulsi dalle università (…) Dev’essere loro negato l’impiego se si identificano come baha’i (…) Non potranno occupare alcuna posizione di influenza, come ad esempio nel campo dell’istruzione”.

Il 31 luglio è iniziata una fase acuta di repressione. A partire da quel giorno, agenti del ministero dell’Intelligence hanno effettuato una serie di perquisizioni ai danni della comunità baha’i in varie città iraniane, sequestrando beni privati e arrestando almeno 30 fedeli. Il giorno dopo lo stesso ministero ha ufficialmente dichiarato che gli arrestati “erano figure chiave del partito dello spionaggio baha’i” che “propagavano l’insegnamento baha’i” e “cercavano di infiltrarsi in vari livelli del settore educativo del nostro paese, specialmente negli asili nido”.

Secondo la Comunità internazionale baha’i, con gli ultimi arresti i fedeli in carcere sono almeno 68, compresi alcuni imprigionati già nel 2013. Le Nazioni Unite parlano di un migliaio di baha’i che rischiano di finire in carcere. Tra questi, 26 uomini e donne di Shiraz (provincia di Fars) che a giugno sono stati condannati a pene da due a cinque anni di carcere per presunti reati contro la sicurezza nazionale.

Uno degli episodi più gravi è accaduto il 2 agosto nel villaggio di Roshankouh, situato nella provincia settentrionale di Mazandaran. Oltre 200 agenti appartenenti a varie forze di sicurezza sono arrivati e hanno sigillato il villaggio. Hanno obbligato gli abitanti a consegnare i telefoni cellulari in modo che l’operazione non potesse essere filmata e hanno usato manganelli e spray al peperoncino contro coloro che si erano riuniti per protestare. Poi sono entrati in azione i bulldozer. Risultato: sei abitazioni demolite, 20 ettari di terreno confiscati e 18 contadini privati dei mezzi di sussistenza.

Una delle prossime confische di terreni potrebbe aver luogo in tempi brevi nella provincia di Semnan: si tratta di 18 proprietà che, secondo una sentenza del 25 giugno, appartengono a dirigenti della “perversa setta baha’i” che “è coinvolta in attività illegali e di spionaggio a vantaggio di stranieri”.

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