Appena un anno fa Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico, pur confermando il pieno supporto alle iniziative legate agli sport virtuali, si diceva preoccupato del potenziale pericolo che gli esports potessero rappresentare una forma di attività esclusiva anziché inclusiva. “Per i disabili lo sport rappresenta un modo per uscire di casa e dalle barriere: non vorrei che questo settore possa invece invogliarci a rimanere tra le mura di casa”, si giustificava lo stesso Pancalli. Era maggio 2021, in occasione di un convegno organizzato a Roma nella sede del Coni durante il quale il presidente del Comitato Olimpico Italiano Giovanni Malagò aveva definito cosa avrebbero rappresentato gli esports per lo sport italiano, partendo prima di tutto da una nuova denominazione: “Sport Virtuali”, appunto.

Quel giorno si può definire come il primo passo ufficiale del Coni verso un’organizzazione strutturale del gaming competitivo italiano, ovvero quelle competizioni che si svolgono su videogiochi tramite l’ausilio di strumentazioni elettroniche. Possono essere titoli di natura sportivi, quelli a cui il Coni ha deciso di avvicinarsi di più su indirizzo stesso del Cio a livello globale, come confermato con le Virtual Olympic Series organizzate poco prima di Tokyo 2020 (Giochi disputati, come sappiamo, nell’estate 2021), a cui si gioca spesso tramite dei simulatori (come nel simracing). Ma possono esserci anche titoli di natura totalmente diversa, come simulazioni di scontri a fuoco con Counter-Strike o di ispirazione fantasy come League of Legends, uno dei titoli multiplayer più seguiti e giocati al mondo.

Un anno dopo, i dubbi di Pancalli sembrano essere svaniti: il 2 agosto scorso è stato siglato un accordo tra il Comitato Promotore Esports Italia, incaricato dal Coni di gestire gli Sport Virtuali a livello sportivo nel nostro paese, e il Comitato Italiano Paralimpico al fine di diffondere e incrementare la pratica delle discipline esportive, puntando in particolare a quelle che rappresentano simulazioni di attività sportive tradizionali. D’altronde gli esports per definizione sono una delle principali forme di inclusione: giocando dietro uno schermo e impersonando spesso un individuo digitale, non ha alcuna importanza che l’utente sia uomo, donna, italiano, giapponese, brasiliano, normodotato o diversamente abile. Lo stesso presidente Pancalli ha riconosciuto l’importanza degli esports come una “realtà in grande crescita in Italia e nel mondo”. Aggiungendo: “Questo Protocollo ci consente, dunque, di orientare sin dall’inizio il percorso di un’attività che deve sempre porre al centro delle proprie strategie la persona, con una corretta gestione che possa consentire agli esports di supportare i percorsi di inclusione e integrazione sociale. Si tratta di un investimento sul futuro del movimento paralimpico italiano che ha sempre avuto un rapporto molto stretto con le tecnologie e le sue conquiste.”

L’accordo tra le parti prevede da parte del Comitato Promotore Esports il supporto alle Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate che operano nell’ambito delle relative discipline paralimpiche “fisiche”. Non si tratta solamente di avvicinare gli esports allo sport tradizionale ma di svolgere attività di formazione tecnica, arbitrale e dirigenziale, oltre al promuovere su più livelli la cultura del videogioco responsabile ed educativo. Prosegue Pancalli: “L’obiettivo è diffondere e promuovere nel nostro Paese gli sport elettronici con particolare attenzione al supporto delle prestazioni sportive tradizionali e alla realizzazione di progetti di educazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni su temi importanti quali i corretti stili di vita, l’inclusione e il rispetto delle regole”.

L’intesa prevede delle attività che rientrano in tutto e per tutto nei compiti che lo stesso Comitato Promotore Esports si è proposto di perseguire fin dalla sua nascita e poi confermati dal Coni: promozione, diffusione e propaganda del settore senza limitazioni di genere o tipo, purché in linea e nel rispetto dei principi etici e morali dello sport, come indicato appunto dal Cio a livello globale e dal Coni sul suolo italiano. Spiega il presidente Michele Barbone: “Sono molto soddisfatto, poiché le opportunità generate da questo accordo siglato saranno molteplici, a fronte anche dell’impegno, della profusione e della formazione che andrà fatta per la disciplina esports italiana. Siamo felici di vedere che un ente così importante, come il Comitato Italiano Paralimpico, sostenga quelli che sono i progetti e le idee future del Comitato Esports.”

Tra le attività future spicca la creazione di un proprio “Centro Studi” che mira a entrare in relazione con le istituzioni scolastiche, educative e universitarie al fine di sviluppare, ha raccontato il Comitato Promotore, “protocolli di ricerca diretta e individuare le opportunità di utilizzo e sviluppo degli esports in senso educativo ed inclusivo, come fase di avvicinamento/completamento dello sport ‘fisico’”. Ma anche per “prevenire l’abuso e le conseguenze dannose per la salute fisica e psichica dei giovani, operando con la propria struttura organizzativa e con la prestazione di operatori volontari e/o professionali, per il perseguimento dello scopo sociale con finalità anche di carattere sociale, civile e culturale in conformità alle norme Regionali, Nazionali e Comunitarie vigenti”.

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