Per una pubblica amministrazione efficiente, efficace, orientata al risultato servono trasparenza nell’attribuzione degli incarichi, competenza e merito. In Calabria, invece, in un settore in seria crisi da decenni, il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha pensato – e in fretta e furia approvato – una “ricetta” che invece prevede l’aumento degli stipendi dei vertici della sanità calabrese. Ciò perché i direttori generali nel 2009, con la legge 19 approvata dal governo di centrosinistra, si erano visti ridurre il compenso del 20 per cento a circa 167 mila euro lordi l’anno. Adesso torneranno a guadagnare 209 mila euro.

Sono d’accordo sul fatto chi ha ruoli di responsabilità e deve prendere decisioni importanti debba essere valorizzato anche in termini economici. Peraltro, la riduzione del 20 per cento voluta dal centrosinistra calabrese era una eccezione a livello nazionale, dato che nelle altre regioni i direttori guadagnano di più. Il punto è: davvero si pensa che aumentare lo stipendio motivi i più bravi a guidare meglio la macchina amministrativa della sanità calabrese? Tante volte, purtroppo – e non sono in Calabria – l’ingerenza della politica nella gestione – e nelle nomine – della Pa (sanità compresa) è stata molto pesante e ha determinato seri problemi.

La prima ricetta per una sanità efficace è fare uscire fuori la politica dalla gestione, avviare un dialogo costruttivo fra le due parti ma nel reciproco rispetto dei ruoli. Selezioni farlocche, concorsi ad personam, tentativi di controllo attraverso uomini di fiducia all’interno delle Aziende sanitarie hanno portato a un vero e proprio tracollo della sanità calabrese. Che oggi si trova a fare i conti con ospedali smembrati, personale carente “costretto” a fare turni massacranti, reparti che chiudono. E ciò non avviene perché il personale dirigenziale guadagna il 20 per cento in meno rispetto alle altre regioni. Il disastro si è realizzato in tanti anni di sciatteria, non sempre in buona fede: la sanità calabrese è stata il bancomat delle organizzazioni criminali e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Vivere in Calabria significa dover fare chilometri e chilometri di strada, anche solo per dover partorire. Significa avere paura di dover varcare la soglia di un pronto soccorso. Sperare che se chiami soccorsi ci sia una ambulanza nelle vicinanze… La mancanza di una programmazione sanitaria di livello regionale e territoriale ha comportato una crisi profonda dei reparti di molti ospedali, che non hanno medici sufficienti per garantire servizi in condizioni di sicurezza. È il diritto stesso alla salute che è stato leso in tanti anni di mala gestione. È col 20 per cento in più di aumento ai manager che lo scenario apocalittico può cambiare?

In una moderna pubblica amministrazione, il ruolo della dirigenza ha certamente un peso notevole. Ma più che elargire “regali” alla faccia di amministratori cittadini che lottano contro la chiusura dei reparti dal Pollino allo Stretto, serve un nuovo sistema di reclutamento anche per i manager calabresi. Vogliamo i più bravi: quelli più motivati, quelli che lavorano nel rispetto delle leggi e in autonomia, capaci di valutare e valorizzare tutto il personale, pronti a prendere decisioni. Un dirigente, insomma, che abbia le competenze manageriali e che conosca gli strumenti per raggiungere gli obiettivi.

È vero: la sanità calabrese deve ripartire dalle persone, a cominciare dalla scelta dei migliori che, in un contesto non emergenziale ma finalmente normale, potranno guadagnare quanto meritano.

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