Sono passati meno di quattro anni dal 18 ottobre 2018. All’hotel Metropol di Mosca si incontravano il presidente dell’associazione Lombardia-Russia Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex banchiere Francesco Vannucci con altrettanti russi. Un incontro che ha portato poi all’indagine a carico dei tre italiani per corruzione internazionale nella vicenda sui presunti fondi russi alla Lega. Meno di quattro anni da quello che è stato (ed è ancora) il primo grande caso giudiziario sui rapporti tra il partito di Matteo Salvini e la Federazione di Vladimir Putin. Oggi, le rivelazioni de La Stampa sui colloqui tra il consigliere per i rapporti internazionali di Salvini, Antonio Capuano, e Oleg Kostyukov, “importante funzionario dell’ambasciata russa” in Italia, riportano il tema d’attualità a meno di due mesi dalle prossime elezioni, con il centrodestra dato dai sondaggi in netto vantaggio sulle altre coalizioni in corsa.

Da quell’incontro al Metropol è nata un’inchiesta giudiziaria ancora in corso e al centro della quale c’è la presunta trattativa su una compravendita di petrolio che, stando a una registrazione in mano agli inquirenti, avrebbe avuto lo scopo di alimentare con 65 milioni di dollari le casse della Lega. Con perquisizioni e sequestri era stata anche rinvenuta la foto di un foglio con i dettagli dell’accordo nei cellulari di Savoini, Meranda e Vannucci. Nell’appunto comparivano le presunte percentuali da dividere tra la Lega (4%) e gli intermediari russi (6%) su una partita di petrolio del valore di un miliardo e mezzo di dollari.

È passato solo un anno dal meeting al Metropol e un altro scandalo colpisce il partito di Matteo Salvini, ancora per i rapporti intrattenuti con la Russia. Questa volta a finire sui giornali, e nelle carte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, è Bruno Caparini, che ha nome, cognome e curriculum praticamente identici a quello di un industriale bresciano, storico amico di Umberto Bossi e padre di Davide, deputato della Lega dal 1996 al 2018 e oggi assessore al Bilancio in Regione Lombardia, nella giunta Fontana. L’imprenditore è accusato, insieme a un altro cittadino statunitense, di aver cercato di comprare una turbina di produzione Usa per cederla a un’azienda di Stato russa, violando così l’embargo americano sul Paese di Vladimir Putin. Sette milioni e mezzo il prezzo di acquisto, 17 milioni e 300 mila dollari quello di vendita. Un guadagno da quasi dieci milioni per i quali rischiano fino a 45 anni di carcere, insieme a due imprenditori russi e uno americano. Quello di oggi, quindi, è solo l’ultimo di una serie di contatti avvenuti tra la Lega e ambienti vicini alla Russia di Putin. Questa volta, però, non si tratta di affari o presunti finanziamenti illeciti. Il timore, evocato in particolar modo dal segretario del Pd, Enrico Letta, è che la vicinanza tra i due ambienti possa aver influito sulla caduta del governo guidato da Mario Draghi.

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