C’era anche Alveda King, nipote di Martin Luther King, alla convention dell’American First Policy Institute di Washington alla quale è intervenuto Donald Trump. L’attivista 70enne – sostenitrice di Trump fin dalla sua discesa in campo – è salita sul palco dell’evento organizzato da fedelissimi dell’ex presidente e ha cantato una preghiera. Donald Trump, dunque, è tornato oggi a Washington per la prima volta da quando ha lasciato la presidenza. L’occasione è il summit “American First Agenda”, organizzato dell’America First Policy Institute (Afpi), istituto di ricerca alleato che ha l’obiettivo di plasmare un’agenda politica per un ipotetico secondo mandato, e durante il quale Trump ha tenuto un discorso. Fondato nel 2021 da due suoi ex consiglieri, Brooke Rollins e Larry Kudlow, l’Afpi è l’unico centro studi di orientamento repubblicano a Washington che appoggia apertamente il Tycoon. Basta guardare l’home page del sito dell’organizzazione, dove campeggiano una serie di scritte che riprendono lo slogan utilizzato da Trump in campagna elettorale: “America First”. Prima della disfatta elettorale questo gruppo ristretto di fedelissimi aveva anche scritto un documento, ‘Vision 2025’, nel quale si delineavano le dieci priorità di un nuovo mandato in linea con l’agenda Maga, ‘Make american great again’.

Ad accogliere l’ex presidente, una folla acclamante e un lungo applauso da parte dei sostenitori presenti, al grido “Usa, Usa”. “Noi abbiamo reso l’America grande di nuovo, ora è stata messa in ginocchio”, ha affermato Trump. “Il nostro Paese è stato umiliato in tutti gli scenari internazionali e il sogno americano è stato fatto a pezzi”, ha proseguito. L’ex presidente ha ripercorso le tappe principali della sua amministrazione sottolineando in particolare “l’assenza di inflazione, il controllo dell’ immigrazione e il rispetto internazionale“. Con questo intervento, Trump manda un messaggio chiaro ai suoi avversari sia all’interno del partito repubblicano che al di fuori: alle elezioni del 2024, lui ci vuole essere. Ma non solo. L’ex presidente continua ad essere fermamente convinto di aver vinto le elezioni del 2019 come ha lasciato intendere con un’affermazione che lascia poco spazio alle libere interpretazioni: “La prima volta che mi sono candidato nel 2016 ho vinto, la seconda volta ho fatto ancora meglio.

“Non c’è priorità più alta che ristabilire la legge e l’ordine negli Stati Uniti. Con i democratici al governo i criminali hanno avuto la strada spianata, non c’è mai stata un periodo come questo. Ogni giorno ci sono accoltellamenti, stupri, aggressioni e i genitori hanno paura che i loro figli vengano uccisi a scuola”, ha affermato Donald Trump, e ha proseguito: “Non c’è rispetto per la legge e non c’è ordine”, ripetendo e rimarcando più volte le parole “law and order”. “Tutto ciò deve finire e deve finire adesso”, ha affermato, e riferendosi ai prezzi record dell’energia e ad un tasso di inflazione al 9,1%, come non se ne ricordava dagli anni ottanta, ha definito gli Stati Uniti “una nazione di mendicanti che chiede aiuto agli altri per l’energia”. Nel mirino di Trump, anche la capitale, Washington, che, a suo dire, sarebbe “irriconoscibile”, denunciando le condizioni della città, puntando il dito contro i senzatetto che hanno rovinato gli spazi pubblici e la pessima impressione che ha avuto dalle strade sporche. Nel suo intervento, Trump ha sparato nel mucchio, andando anche a puntare il dito contro la comunità transgender: “Non dobbiamo consentire agli uomini di partecipare agli sport femminili” e, attaccando le politiche dei “confini aperti” di Biden, ha affermato: “Dobbiamo chiudere i confini” con il Messico e “rimandarli a casa”.

Mentre l’ex presidente arringava la folla all’interno dell’Hotel Marriott in cui è avvenuto l’evento, fuori gruppi di manifestanti da una parte e sostenitori di Trump dall’altra si sono scontrati.

Prima della disfatta elettorale questo gruppo ristretto di fedelissimi aveva anche scritto un documento, ‘Vision 2025’, nel quale si delineavano le dieci priorità di un nuovo mandato in linea con l’agenda Maga, ‘Make american great again’. Oggi l’istituto dichiara un budget di 25 milioni di dollari, oltre 150 dipendenti, inclusi 17 ex top advisors di Trump, e ha al suo interno almeno 22 organizzazioni più piccole che si occupano di argomenti tanto specifici quanto vaghi come “trasparenza dei media” o “integrità elettorale”. Praticamente un’amministrazione già confezionata e pronta ad entrare in carica o quantomeno a mettere in moto la macchina elettorale. Trump fa paura all’attuale presidente Joe Biden, il quale, secondo i sondaggi, non riesce ad arrivare neanche al 40%.

“Lo sconfitto ex presidente ha guardato ciò che stava accadendo per tre ore, comodamente seduto nella sala da pranzo accanto allo Studio Ovale, mentre agenti coraggiosi subivano un inferno medievale, grondanti sangue, circondati da una carneficina”, è stata l’ultima dura accusa del presidente americano che ha colto la palla al balzo dell’ultima udienza sul 6 gennaio della commissione speciale della Camera nella quale è stato dimostrato che Trump ha rifiutato per 187 minuti di intervenire per arginare l’assalto nonostante le suppliche dei suoi consiglieri più vicini, tra i quali la figlia Ivanka. “A Donald Trump è mancato il coraggio di agire”, ha tuonato ancora Biden. “Non puoi essere a favore dell’insurrezione e favore della polizia. Non puoi essere a favore dell’insurrezione e favore dell’America”, ha insistito Biden in un messaggio pubblicato su Twitter non a caso alla vigilia del ritorno di Trump nella capitale americana.

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