di Carmine Di Filippo

Ci sono molti mal di pancia nella base del M5s. C’è Alessandro Di Battista che chiede che il Movimento tolga il sostegno al governo e vada all’opposizione per accettare di rientrare: non ha certamente tutti i torti a criticare il governo, dal suo punto di vista, ma nessuna formazione politica che sostiene un governo di coalizione può pretendere di ottenere sempre e solo ciò che vuole.
Solo se una formazione politica ottenesse la maggioranza assoluta potrebbe sostenere senza problemi un suo governo. E anche, forse, al netto di sempre possibili defezioni.

Beppe Grillo disse, a mo’ di battuta da comico, che mirava al 100%, ma anche pensare di raggiungere il 51% è abbastanza utopico. C’è da decidere: ancorare il M5s alla posizione iniziale, nata nella e dalla satira politica di Grillo, critica verso tutti i politici, tutte le scelte politiche e, anzi, verso la “politica”? Una posizione radicale, intransigente, barricadera, ma sapendo che così si colloca per sempre all’opposizione, se non dovesse mai ottenere la maggioranza relativa? Oppure prendere atto che non si può ottenere tutto ed entrare nel club di chi vede la gestione politica come capacità di compromesso al meglio?

Il M5s avrebbe ottenuto il reddito di cittadinanza, il taglio dei seggi parlamentari, i bonus ecc. stando all’opposizione? Certo, non si è riusciti a bloccare le riforme Cartabia ma c’era la questione della fiducia posta dal governo, purtroppo. Allora chiedo a Giuseppe Conte: qual è la strategia che lui e il M5s vogliono perseguire?

Poi viene la questione di merito sulle nove richieste fatte a Mario Draghi, sapendo che è un aut-aut: o si accettano tutte o il M5s va all’opposizione; oppure vediamo cosa possiamo ottenere. Il problema si è posto a causa del fatto che è stata chiesta la fiducia dal Governo sul “Decreto Aiuti”. E, già che ci sono, aggiungo che questa prassi, sebbene ampiamente consolidata, non mi convince.
C’è un Parlamento di eletti che ha potere legislativo.

Incidentalmente penso che sia ora di formulare una legge elettorale che dia potere di scelta all’elettore e che duri per diverse legislature. Le ultime tre sono state indecenti: una definita “porcata” dallo stesso relatore; l’italicum abortito per incostituzionalità, il rosatellum che fa scegliere ai leader e non all’elettore (saranno troppo stupidi, questi, per farlo?). C’è un governo che deve avere la fiducia all’insediamento e almeno a ogni legge di bilancio annuale, questo sì, ma va eliminata la possibilità per il governo di chiedere la fiducia su sue proposte di legge. I partiti dei ministri possono fare le loro proposte parlamentari e va eliminata la rigidità attuale, per cui le formazioni che lo hanno fiduciato sono obbligate ad approvare qualunque sua proposta, oltre alla legge di bilancio, pena la sua decadenza.

Se il governo si vuole far approvare una proposta cerca prima il sostegno necessario, la maggioranza parlamentare che lo approva e se anche fosse diversa da quella che lo ha fiduciato potrebbe avvenire senza traumi e scossoni. Non vale la logica che così si blocca l’azione del governo, qualunque essa sia. Deve tornare a valere la logica che si approvano solo leggi su cui c’è una maggioranza parlamentare.

Scontata l’osservazione: quindi potrebbe essere approvata una legge da una maggioranza diversa da quella che ha sostenuto il governo. Embè? Sarebbe sempre approvata da una maggioranza parlamentare, ancorché variabile. E ripeto: embè? O “variabile” è un tabù e fa orrore come “patrimoniale”?

La coerenza dell’azione di governo rispetto alla maggioranza che gli ha dato la fiducia all’insediamento sta nell’approvare la legge di bilancio che dà l’indirizzo della sua azione. E comunque sempre meglio che una proposta di governo non venga approvata, che una “fiducia” non venga concessa, piuttosto che rischiare di scogliere le Camere. Ma questo non lo chiedo a Conte. E’ solo un “secondo me”.

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