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Cronaca

Ultimo aggiornamento: 21:21 del 4 Luglio 2022

Stefano Cucchi, la sorella Ilaria sul processo appello bis: “Purtroppo incombe il rischio di prescrizione. Mandolini non deve farla franca”

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Si è aperto stamattina a Roma il processo di appello bis per la morte di Stefano Cucchi, dopo che la Cassazione lo scorso aprile ha disposto un nuovo processo di secondo grado nell’ambito dell’udienza in cui è stata resa definitiva la condanna a 12 anni di carcere carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale.
Stavolta imputati sono il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, dove venne portato Stefano Cucchi dopo il pestaggio, e il carabiniere Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto riaprire le indagini sul caso. Entrambi sono accusati del reato di falso.

Alla fine della prima udienza, il procuratore generale di Roma, Roberto Cavallone, ha chiesto la conferma della condanna di primo grado, a 3 anni e 8 mesi di reclusione, per Mandolini e l’assoluzione di Tedesco. In Appello Mandolini era stato condannato a 4 anni e Tedesco a 2 anni e mezzo.

Sul processo di Appello Bis è intervenuta Ilaria Cucchi, nella trasmissione “Giallo d’estate”, su Cusano Italia Tv: “Purtroppo adesso in vista degli altri gradi di giudizio incombe il rischio della prescrizione, proprio come già accaduto per i medici di quel reparto detentivo dell’ospedale Pertini. Ricordo infatti che quei medici non sono stati assolti, ma sono andati in prescrizione e così se la sono cavata. È vero che Stefano è morto per il pestaggio, ma è anche vero che in quel reparto fu abbandonato dai medici”.

Ilaria Cucchi si sofferma poi su Roberto Mandolini: “È stato colui che si è sentito talmente intoccabile da continuare per anni a offendermi sui social, raccontando la sua verità con la sua divisa piena di stellette. Io non odio nessuno, l’odio è un sentimento che non mi appartiene, ma ho il senso della giustizia. Quindi, mi auguro che Mandolini non la faccia franca. Francesco Tedesco, così come i suoi colleghi Casamassima e Rosati, è stato importante per la riapertura delle indagini. E poi ha subito le conseguenze di quel suo atto di coraggio”.

E rivela: “Tutte le volte che mi chiedono come mai li ho perdonati nonostante abbiano parlato dopo così tanti anni, io rispondo che sin dal primo processo sul pestaggio mi sono resa conto dei motivi per cui quei carabinieri avessero così tanta paura. E facevano bene ad aver paura, perché poi hanno subito attacchi pesanti e declassamenti vari. Io – conclude – ho assistito a tutte le udienze e si respirava sempre un’aria terribile. Si assisteva proprio a un atteggiamento di netta superiorità da parte degli indagati, degli imputati, rispetto a noi semplici cittadini ma anche rispetto al giudice. E questo veramente fa paura perché la dice lunga sul senso d’impunità di queste persone che invece alla fine sono state condannate per depistaggio”.

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