Noi addetti ai lavori nel settore dell’Architettura e dell’Arte usiamo frequentemente il termine “connotativo”, per definire una realtà che subito identifica un luogo. Ora nel mondo della cinematografia, l’aderenza ad un determinato luogo per raccontare fatti e personaggi pare sia irrilevante ai fini della storia, della sceneggiatura, della scenografia e della fotografia. Molti sono i casi, ad iniziare dal famoso Gattopardo con molte scene, a parte quella del ballo a palazzo Valguarnera Gangi, che furono girate a palazzo Chigi ad Ariccia, un esempio importante di barocco romano e una delle opere più interessanti del Bernini.

Torino, da alcuni anni tramite il museo del Cinema, il Tff (Torino Film Festival) e il Fctp (Film Commission Torino Piemonte), tende ad essere un’altra “capitalina” della celluloide (come si diceva un tempo), dopo i fasti dell’epoca Pastrone, il mitico immaginifico regista, produttore di Cabiria, ritiratosi poi in solitudine nella bella villa liberty a Groscavallo, ora in totale degrado e dove girò, secondo la leggenda, alcune scene – come recentemente ricordato in un bellissimo docufilm Italia, il Fuoco la Cenere.

E così si sono inventati rassegne sul tema Lgbt+, sull’industria, sul digitale e nei giorni scorsi sull’ambiente, eventi collaterali che hanno reso viva una città un po’ smunta. Soprattutto però, Torino è diventata un set continuo di docufilm, fiction tv e film, non c’è settimana che le vie del centro non siano invase dai mastodontici mezzi delle produzioni. Tra gli ultimi, ben fatto, ben diretto e magistralmente interpretato dal sempreverde Michele Placido, il docufilm su Arnoldo Mondadori, mantovano di origine ma milanese d’adozione, per successi editoriali. Peccato però che Milano non appaia mai, ma in compenso c’è una riconoscibilissima Torino, addirittura il museo del Risorgimento, nel palazzo dove nacque il primo Parlamento italiano.

Emblematica anche la docufiction di tanti anni fa su Enrico Mattei, anche questa girata a Torino, mirando però a rappresentare la Milano del potere economico. Poiché il cinema è anche comunicazione, cultura, educazione, un riferimento ai monumenti simbolo non dovrebbe mai mancare ma soprattutto scegliere monumenti meno “connotativi” della città, prima capitale d’Italia.

Proprio in questi giorni ad esempio, sono finite le riprese di una, serie americana seguitissima, Fast and Furious, un kolossal che ha paralizzato per 15 giorni il centro storico di Torino, nei luoghi più “connotativi” della città, piazza Vittorio, via Po, lo stesso fiume Po, con il fondale della collina. Ecco secondo il regista e la produzione, la città è viceversa Roma, e agli americani, beh si sa sono di bocca buona, sarà venduta come la città Eterna ma con le “connotative” lunghe, rettilinee strade porticate, una piazza altrettanto porticata con il fondale della Gran Madre di Dio, beh simile al Pantheon però.

Tanto convinti che fosse Roma, che a fine riprese, sono state regalate, come ricordo della permanenza in questa strana città, magliette con impresso il Colosseo.

L’elenco dei film girati illusoriamente a Torino sarebbe lungo, peccato perché l’impegno a riportare i fasti del cinema nella città sabauda, con rassegne, anteprime in collaborazione con Cinecitta Luce è notevole. Vi sono poi allestite alla Mole Antonelliana, sede del museo del Cinema, mostre interessanti come quella su Dario Argento, che a Torino girò Profondo Rosso nella palazzina Scott, esempio importantissimo di Liberty italiano ma anche qui è narrata come una villa alle porte di Roma .

Peccato perché il museo del Cinema, con i suoi vari festival, ideati dal suo dinamico direttore, Domenico De Gaetano, non conosce tregua e non delude mai . Ama poi le contaminazioni con altri mondi, invitando la cantante Elisa, nell’inusitato ruolo di ecologista o il circo, non quello felliniano ma quello d’avanguardia, come il Vertigo, che sperimenta la verticalità infinita della Mole, simbolo della città.

In sostanza l’architettura attraverso il cinema o meglio il contrario, ma senza contraffazioni sarebbe auspicabile, i film dovrebbero raccontare in tutta la loro bellezza i luoghi d’Italia senza voli pindarici, trasposizioni della realtà anche quando si tratta di storie vere ma si sa il cinema è finzione.

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