L’inflazione americana galoppa e vola a maggio all’8,6%, ai massimi degli ultimi 40 anni. L’indice core, al netto di energia e alimentari e quello monitorato dalla Fed, ha segnato un aumento dello 0,6% su base mensile e del 6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In parallelo la fiducia dei consumatori americani è crollata ai minimi storici. L’indice Michigan, che la misura, è calato in giugno a 50,2 da 58,4 maggio: il dato è inferiore alle attese degli analisti che scommettevano su 58,1. I timori di una recessione in arrivo hanno di conseguenza affossato i listini: a Wall Street il Dow Jones, il Nasdaq e lo S&P 500 lasciano sul terreno intorno al 2%. La prossima settimana la Fed dovrebbe nuovamente ritoccare all’insù i tassi dello 0,5%.

La scorsa settimana il Dipartimento del Lavoro Usa ha fatto sapere che l’economia americana ha creato 390.000 posti in maggio, più delle attese. Crescono meno dei mesi precedenti anche i salari, che segnano un aumento del 5,2%. Il tasso di disoccupazione è rimasto fermo al 3,6%. Un andamento che indurrà la Banca centrale Usa a continuare a seguire la tabella di marcia che prevede rialzi dei tassi in giugno e luglio e forse anche in settembre. Il mix di tenuta dei consumi e crescita del lavoro rischia di rendere la Fed ancora più falco nel suo tentativo di fermare la galoppata del caro-vita, contro il quale ha lanciato un aggressivo piano mirato a raffreddare la domanda. Un programma che preoccupa gli analisti e Wall Street, convinti che una recessione sia ormai dietro l’angolo fra le strette monetarie e l’incertezza della guerra in Ucraina.

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